venerdì 29 febbraio 2008

Parole e catene



Oltre tutte le belle parole di cui riempiamo i nostri libri esiste una realtà che molti evitano a tutti i costi di conoscere e di cui non vogliono sentirsi responsabili.
Faccio fatica a ricordare che la schiavitù è stata abolita mentre leggo questo brano di un articolo di Repubblica.


"Il viaggio fra gli schiavi cinesi che costruiscono le copie della Smart supera l'immaginazione: si lavora a temperature vicino agli zero gradi, in capannoni senza riscaldamento, senza guanti, senza mascherina, senza nessun tipo di protezione a contatto diretto con veleni di ogni tipo. I turni sono di 12-15 ore al giorno e non si fanno distinzioni fra giovani, vecchi o donne. Tutti, in ogni caso, dormono ammassati su letti a castello in fabbrica.
I falsi finiscono tutti negli Usa, in Canada e in Europa, si stima al ritmo di 100 esemplari al giorno.
Di fabbriche clandestine che copiano senza pudore la Smart in Cina ce ne sono una ventina. Tutte piccole e tutte piene di schiavi-operai che senza nessuna preparazione lavorano per un pugno di monete con rischi di ogni genere.
In Cina chi monta un iPod riceve uno stipendio di 40 euro. In fatto di stipendi noi Europei non siamo da meno visto che anche nell'Europa dell'Est i "nostri" operai ricevono stipendi da fame. Ossia 380 euro al mese per i Polacchi che costruiscono una Fiat 500, 270 euro per gli Slovacchi che assemblano Toyota Aygò, Peugeot 107, Citroen C1 o la nuova Renault Twingo e appena 166 euro per gli Ungheresi che fanno nascere la Opel Agila e la Suzuki Splash.
"

Certo, se il libero mercato di noi compratori americani, canadesi ed europei bloccasse i prodotti venduti sottocosto, o se noi non li comprassimo...




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giovedì 28 febbraio 2008

Facciamo che...



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Una pagina del miglior Stefano Benni in "La compagnia dei Celestini" racconta la partita di "facciamo che", variante estrema della pallastrada da giocare 5 contro 5.

Facciamo che Napoli si ritrova invasa di monnezza, tanto da non poter evitare di camminarci in mezzo, sopra, sotto.
Facciamo che i Napoletani, stufi dopo 15 anni di emergenza-rifiuti, cominciano a protestare contro il malgoverno.
Facciamo che la popolazione chiede di organizzare un moderno ciclo di smaltimento dei rifiuti fatto di limitazione degli imballaggi inutili, riuso dei vuoti, raccolta differenziata, trattamento dei rifiuti tossici, riciclaggio di carta, legno, vetro, metalli e plastica, compostaggio dei residui organici e, infine, messa a discarica del restante e innocuo 10% dei rifiuti solidi urbani.
Facciamo che il governo impone invece la termovalorizzazione cancerogena del "rifiuto tal quale" a cui le comunità interessate oppongono un netto NO.
Facciamo che coloro che civilmente e pacificamente protestano, difendendo i propri diritti e proponendo soluzioni buone al posto di soluzioni cattive, vengono solennemente manganellati dalle forze di polizia.
Facciamo che i cittadini che protestano pacificamente aumentano e che aumentano in proporzione le manganellate. E che di conseguenza ci sono ulteriori proteste e ulteriori manganellate.
Facciamo che la protesta pacifica diventa ribellione...

Facciamo che le popolazioni del Delta del Niger vedono sfruttate le proprie risorse petrolifere dalle multinazionali occidentali senza averne nessun beneficio, continuando a vivere in estrema povertà.
Facciamo che gli accordi commerciali prevedono che il Pakistan può comprare tecnologie dall'Europa ma non può vendere in Europa i propri prodotti agricoli per pagarsi le tecnologie acquistate.
Facciamo che alle Maldive da 25 anni governa un dittatore nepotista e sanguinario a botta di torture, sparizioni e repressione del dissenso, mentre i turisti europei e americani se la godono alla grande sulle spiagge.
Facciamo che in Botswana l'AIDS è talmente diffuso tra uomoni e donne da ridurre l'aspettativa media di vita a 40 anni, ma che le case farmaceutiche europee e americane rifiutano di ridurre il costo delle medicine (e gli altissimi profitti), impedendo alle masse povere di curarsi.
Facciamo che...
Facciamo che...
Facciamo che...


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mercoledì 27 febbraio 2008

Giustizia, libertà, sviluppo!



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Questo è un'inizio e ogni inizio è difficile. Difficile è parlare di pace senza dire parole vuote. Io ho impiegato 10 anni a capire cosa sia la pace, se pure l'ho capito. Su come costruirla ho ancora idee confuse, come tutti...

So per certo cosa non è.
La pace non è un dono del cielo e non è una graziosa concessione del Re.
La pace dipende dagli uomini, solo dagli uomini, da cosa essi perseguono e da come essi agiscono gli uni verso gli altri. Per questo ne siamo tutti responsabili, che ci piaccia o no.

La pace è un diritto fondamentale dell'uomo proclamato dall'Assemblea Generale dell'ONU nel 1984. Per costruirla è fondamentale "l'abbandono del ricorso alla forza nelle relazioni internazionali" (Dichiarazione sul diritto dei popoli alla pace, ONU, 1984).
Ma anche raggiungere questo lontano obiettivo sarebbe soltanto un passo avanti perchè conflitti e tensioni non muoiono alla firma dei trattati internazionali. Inoltre oggi molti conflitti non sono internazionali ma intranazionali, tra gruppi di uno stesso stato.

Martin Luther King nel 1963, in una delle sue Lettere dal carcere, distingueva "una pace negativa che è l'assenza di tensione" da "una pace positiva che è la presenza di giustizia".
Negli stessi anni Malcom X affermava: "Non si può separare la pace dalla libertà perché nessuno può essere in pace senza avere la libertà."
Papa Paolo VI, nell'enciclica Populorum Progressio del 1967, legava avvedutamente la pace al "progresso dei popoli più poveri" e "alla giustizia sociale tra le nazioni".

Oggi solo i bambini e i mistificatori parlano di pace in assoluto e con parole vuote. Ovunque nel mondo operatori, attivisti e filosofi parlano di giustizia, libertà e sviluppo.
La pace esiste dove c'è giustizia, libertà e sviluppo.
La pace esiste quando tutti sono liberi di sviluppare sé stessi nel modo che desiderano, senza dover lottare per i propri diritti.



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martedì 26 febbraio 2008

Una cultura di pace




Il BIPPIblog si occupa di educazione alla cultura della pace.
Non è una cosa che mi sono inventato io.

Il concetto di Cultura della Pace fu formulato al Congresso Internazionale sulla Pace in Costa d'Avorio nel 1989. Il Congresso raccomandò all'UNESCO di lavorare per costruire una nuova visione della pace basata sui valori universali di rispetto per la vita, libertà, giustizia, solidarietà, tolleranza, diritti umani e uguaglianza tra uomo e donna.
Poi se ne è discusso ai massimi livelli internazionali per oltre dieci anni tra congressi, forum, conferenze, commissioni e assemblee, uno sforzo diplomatico immane per arrivare alla risoluzione 53/243 del 13 settembre 1999 con cui l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite adottò la Dichiarazione per una Cultura della Pace.
Essa afferma che “dal momento che le guerre hanno inizio nella mente degli uomini, è nella mente umana che bisogna iniziare a costruire la pace”.
L'educazione alla cultura della pace è "costruire la pace nella mente degli uomini".
Questo dovere educativo "compete a genitori, insegnanti, politici, giornalisti, organismi e gruppi religiosi, agli intellettuali, a quanti sono impegnati in attività scientifiche, filosofiche, creative e artistiche, agli operatori in campo sanitario e umanitario, agli operatori sociali, ai dirigenti a vari livelli come pure alle Organizzazioni Non Governative". (art.8 della Dichiarazione)
Tutti gli attori della società civile sono chiamati dalla massima autorità mondiale a guidare i giovani verso una cultura di pace, ossia verso un "insieme di valori, atteggiamenti, tradizioni, modi di comportamento e stili di vita fondati sul rispetto per la vita, sulla fine della violenza e sulla promozione e la pratica della nonviolenza tramite l’educazione, il dialogo e la cooperazione". (art.1 della Dichiarazione)

L'educazione alla cultura della pace è dare ai giovani modelli culturali che li orientino verso l'incontro e non verso lo scontro, verso il dialogo e non verso la lotta, verso la comprensione e non verso il pregiudizio, verso il diritto e non verso la sopraffazione, verso il rispetto della diversità e non verso la sua demonizzazione. Costruire questi valori nella mente dei giovani tutti insieme, con pazienza certosina, in ogni angolo della loro vita quotidiana.



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