Mi permetto di ripubblicare un testo apparso sul blog di Grillo qualche giorno fa. Parla Lester Brown, presidente dell'Earth Policy Institute, autore del libro "Plan B 3.0" e vincitore di numerosi premi per la preservazione dell'ambiente. Il Washington Post lo ha definito "uno dei più influenti opinionisti del mondo".
Nel leggere le sue parole mi sono ricordato che, durante l'ultima formazione sulla cultura della pace da me tenuta vicino Napoli, una professoressa definì le mie considerazioni come una 'rivoluzione copernicana'.
Ebbene, questo testo dimostra che non sono l'unico a pensarla in questi termini.
"La sola cosa più importante che i governi devono fare è costringere i mercati a dire la verità. Il mercato fa bene molte cose. Una cosa che non fa bene è includere i costi indiretti (nel consto finale dei prodotti, ndr). Per esempio, nell’acquistare un litro di benzina, paghiamo il costo dell’estrazione del petrolio, il trasporto alla raffineria, la raffinazione del petrolio in benzina, il trasporto della benzina al distributore. Non sosteniamo il costo del trattamento delle infezioni alle vie respiratorie causate dal respirare aria inquinata, non paghiamo il costo dei danni da pioggia acida, certamente non paghiamo i costi del cambiamento climatico.
Quando il governo britannico chiese a Sir Nicholas Stern, ex economista capo della Banca Mondiale, di stimare i costi delle conseguenze del cambiamento climatico, questi sottolineò come il cambiamento climatico fosse il risultato di un gigantesco fallimento del mercato. Intendeva dire che, non avendo conteggiato il costo dei cambiamenti climatici nel prezzo della benzina o del carbone, la generazione successiva si trova a fronteggiare costi enormi causati dal cambiamento climatico: lo scioglimento dei ghiacciai, l’innalzamento del livello del mare, tempeste sempre più violente e via dicendo. Abbiamo bisogno di costringere il mercato a dire la verità. Dobbiamo includere i costi indiretti. E ora sappiamo quali sono.
E dobbiamo farlo riducendo le tasse sul reddito e aumentando le tasse sull’emissione di CO2. Va fatto progressivamente, in un arco di 10-12 anni, così la gente saprà cosa aspettarsi e pianificherà opportunamente le proprie scelte. Altri preferiscono l’approccio del mercato di anidride carbonica: imponi un limite alle emissioni e rendi negoziabili i diritti ad inquinare.
È quello che ha cercato di fare l’Europa, ma non si è dimostrato molto efficace. La maggior parte degli economisti predilige la via della riprogettazione delle aliquote fiscali. È il sistema più efficace per ristrutturare l’economia e per costringere il mercato a dire la verità sulla questione ambientale. Viaggiando per il mondo mi sento chiedere spesso: cosa posso fare, cosa devo fare? E penso che la gente si aspetti che risponda: ricicla il tuo giornale, o sostituisci la lampadina una a maggiore efficienza.
E certamente sono azioni importanti. Ma ora ci troviamo di fronte all’esigenza di ristrutturare l’intero sistema economico. Dobbiamo costringere il mercato a dire la verità sulla questione ambientale. E ciò significa diventare politicamente attivi.
Per decine di anni noi ambientalisti abbiamo parlato di salvare di pianeta. Ora parliamo di salvare la civiltà stessa.
Perché la pressione crescente di problemi quali il picco del petrolio, l’innalzamento del costo del petrolio, scarsità di cibo, scarsità di acqua e tutti i problemi connessi al cambiamento climatico, spaventano un numero sempre crescente di governi in via di fallimento spingendo il mondo verso una situazione in cui il mondo stesso potrebbe diventare incontrollabile.La salvezza della civiltà non è uno sport da spettatori. Non possiamo sederci ad aspettare che qualcuno lo faccia al posto nostro. Tutti abbiamo un interesse in gioco. Tutti abbiamo figli o nipoti. E dobbiamo pensare a ciò che dobbiamo fare e a quanto velocemente dobbiamo farlo, per salvare la civiltà.
Parliamo da un sacco di tempo di sviluppo sostenibile. L’alternativa allo sviluppo sostenibile è lo sviluppo insostenibile, che è la decrescita economica e il fallimento. E se guardiamo retrospettivamente alle precedenti civiltà ci rendiamo conto dei problemi ambientali che non sono stati in grado di gestire. Per i Sumeri si è trattato della concentrazione salina nel terreno. Tentarono di gestirla passando dalle colture di frumento a quella dell’orzo.Ma il livello di salinità continuò ad aumentare portando alla scomparsa delle colture di orzo e della civiltà stessa. Con i Maya si tratto di erosione del suolo, a causa del disboscamento e dell’eccessivo sfruttamento agricolo. Con il declino del sistema di produzione di cibo, scomparve anche la civiltà Maya. Ora tutto è giungla. E le terre dove vivevano i Sumeri sono desertificate. Sappiamo dall’esperienza che se le civiltà non sono in grado di gestire i problemi ambientali, questi portano al declino della civiltà stessa."
venerdì 12 dicembre 2008
Lester Brown e l'economia irresponsabile
Labels:
Ambiente,
Cultura di pace
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2 commenti:
Sono la docente della rivoluzione copernicana e l'irresponsabilità di cui si parla nell'articolo di Lester Brown non fa altro che accrescere il mio pessimismo nei confronti di un sistema di potere non solo economico ma soprattutto mediatico che sta togliendo, soprattutto ai giovani la possibilità di conoscere la realtà effettuale e non quella costruita ad arte da una stampa sempre più asservita ai poteri forti.
"E' il momento storico, quello che stiamo vivendo, in cui la cultura dei diritti umani va costruita mentre si cerca di diffonderla e rafforzarla mediante l'istruzione e l'informazione in tutte le forme possibili, intrecciando educazione e riflessione, ricerca e azione, pedagogia e sperimentazione, divulgazione e confronto.
Proprio per questo la scuola assume una centralità fondamentale in questo prosesso: non solo come luogo di trasmissione naturale e privilegiata delle conoscenze e dei valori, ma anche come momento di verifica della efficacia e utilizzabilità degli strumenti formativi di cui la cultura della pace si può e deve dotare.
Ancora più che in passato, non ci si limiterà solo a una ricezione passiva da parte di insegnanti e alunni ma una forte interazione e partecipazione per rendere davvero concreta la possibilità di fondare, attorno ai diritti umani, il nuovo UNIVERSALISMO DEL XXI SEC"
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