Questo articolo è stato pubblicato sul numero 43/2009 di Notizie Verdi
A grande maggioranza il senato del Burundi ha fatto muro contro il tentativo di criminalizzare l'omosessualità nel Paese. Lo scorso novembre la camera bassa del piccolo stato centroafricano aveva approvato un disegno di legge secondo il quale atti sessuali compiuti tra persone dello stesso sesso sarebbero stati punibili con una pena compresa fra tre mesi e due anni di carcere.
In risposta il senato, nonostante le forti pressioni da parte dei settori tradizionalisti della società, ha emendato in più punti la versione già approvata alla camera eliminando le conseguenze penali per gay e lesbiche. Il voto sull’ultimo emendamento, quello che prevedeva la galera per gli atti omosessuali, ha visto 36 senatori su 43 schierarsi contro l’omofobia.
Un risultato in un certo modo sorprendente per un Paese appena uscito da una sanguinosa guerra civile, in grande maggioranza cattolico, dove la quasi totalità della popolazione vive in aree rurali in preda a povertà, arretratezza culturale e disagio sociale.
È la prima volta nella storia che il parlamento burundese cerca di approvare una legge che criminalizzi l’omosessualità, ma non si tratta di un caso isolato. In Africa vi è un movimento di crescente e aperta ostilità verso gay e lesbiche sotto la spinta di motivazioni complesse. I due terzi delle nazioni africane puniscono l’omosessualità come un crimine, a volte con pene pesantissime che possono giungere fino all’esecuzione capitale. Negli ultimi anni numerosi Paesi, tra cui Nigeria, Uganda e Zimbabwe, hanno minacciato di rafforzare le leggi contro l'omosessualità.
I vari fondamentalismi religiosi sempre più radicalizzati in tutto il continente rappresentano certamente una spinta notevole verso l’omofobia ma non sono l’unica spiegazione. Ad esempio la posizione radicalmente omofobica del padre-padrone dello Zimbabwe, Robert Mugabe, ha connotati fortemente politici e antioccidentali più che religiosi. Anche la forte incapacità da parte delle classi dirigenti di affrontare il disagio sociale diffuso spinge i governanti a spostare l’attenzione delle masse meno istruite su problemi più semplici e comprensibili. L’omosessuale diventa il nemico più facile da affrontare e sconfiggere. Anche a causa di questa nuova persecuzione sempre meno occulta, il Sudafrica liberale e democratico è uno dei sette stati al mondo che concede lo status di rifugiato anche per ragioni inerenti alla sessualità.
Human rights watch, la potente Ong che si occupa di diritti umani, sottolinea che la legge in discussione al parlamento burundese, senza gli emendamenti del senato, avrebbe violato sia la Carta africana sui diritti dell’uomo e dei popoli che il Patto internazionale sui diritti civili e politici, documenti entrambi sottoscritti dal Burundi.
Ora la nuova versione della legge così come approvata dal senato ritorna alla camera bassa per l'adozione, ma in caso di mancata approvazione le due camere dovranno formare una commissione congiunta con lo scopo di varare un testo di compromesso.
Bruno Picozzi
giovedì 26 febbraio 2009
L’omofobia non conquista il Burundi
Labels:
Burundi,
Cultura di pace
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1 commento:
Ciao, sono un'alunna della scuola media statale guido dorso. ho letto l'articolo e secondo me tutto ciò non è giusto. ognuno è libero di esprimere la propria sessualità senza essere giudicato e/o punito. loro sono persone come noi: hanno due braccia, due gambe, due occhi, NON SONO DIVERSI.
sì,dio ci ha creati per riprodurci, ma all'amore non si comanda. chi siamo noi per giudicare l'amore di due persone?
quindi dico che gli omosessuali hanno tutto il diritto di essere così come sono e di avere i nostri stessi diritti, perchè noi facciamo tanto per comunicare ''i diritti sono uguali per tutti'', ma alla fine ci contraddiciamo noi stessi.
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