venerdì 13 marzo 2009

Cabinda chiama Portogallo

Questo articolo è stato pubblicato sul numero 57/2009 di Notizie Verdi

In occasione della visita in Portogallo del presidente angolano Jose Eduardo Dos Santos, Il Consiglio nazionale del popolo del Cabinda ha indirizzato un messaggio ai capi di stato di Portogallo e Angola per dar voce alle aspirazioni del territorio e chiedere di esercitare pacificamente il diritto di autodeterminazione.

È una emergenza dimenticata quella del Cabinda, exclave angolana in Congo più piccola della Basilicata e con più petrolio che abitanti, scossa da forti spinte indipendentiste a firma del Flec/Fac (Frente de libertação do enclave de Cabinda/Forças armadas de Cabinda) e di vari altri gruppi armati. I rubinetti della regione versano una quantità irrinunciabile di oro nero nelle casse dell’Angola, pari a circa il 30% del prodotto interno lordo (Pil) dell’intero Paese. Motivo sufficiente a giustificare guerra e distruzione fin dalla scoperta dei giacimenti, complici l’amministrazione coloniale portoghese e le equivoche politiche di decolonizzazione che, per salvaguardare gli interessi delle multinazionali occidentali e giocare la partita della guerra fredda, armarono i vari gruppi politici gli uni contro gli altri.

Dal 1975, data dell’indipendenza dal Portogallo, il Cabinda è sotto amministrazione angolana e racconta una storia di guerra civile, guerriglia, interventi militari stranieri e rappresaglie governative. Mentre metà delle ricche concessioni petrolifere va a beneficio di Chevron (Usa), Elf (Francia) e Agip (Italia), la costante militarizzazione del territorio si traduce da decenni in un’orgia di terrore e violazioni dei diritti umani. Un fiume di sangue oltre che di petrolio.

Il messaggio rivolto in amicizia dall’organo supremo del Flec/Fac al governo portoghese afferma senza tentennamenti che il conflitto può essere risolto attraverso mezzi pacifici, ma allo stesso tempo denuncia che «l’atteggiamento del presidente e del governo dell’Angola prova la mancanza di una seria volontà di aprire un corridoio di pace e prosperità in Cabinda.» La fine della guerra civile, si legge nel documento, ha portato sviluppo e ricchezza nella gran parte del Paese con l’esclusione però dell’exclave dove le aspirazioni legittime del popolo sono state schiacciate da interventi autoritari e repressivi. Si parla di campi di concentramento, arresti arbitrari e deportazioni, distruzione di interi villaggi, stupri e violazioni dei diritti umani.
Allo stesso tempo si riconosce al governo portoghese il ruolo di protettore sancito dagli atti coloniali nel lontano 1885, denunciando il silenzio del governo lusitano grazie al quale le autorità angolane possono agire a loro piacimento.

Portogallo e Angola sono legati oggi da vincoli più economici che storici, esistendo ormai da 22 anni una partnership commerciale che riunisce oltre 400 compagnie dei due Paesi. Dal 1997 il Flec/Fac è parte dell’Organizzazione dei popoli non rappresentati (Unpo) e persegue lo svolgimento di un referendum di autodeterminazione per dare alla regione un governo e un parlamento indipendenti e democraticamente eletti.

Bruno Picozzi


Nessun commento: