giovedì 2 aprile 2009

La riforma mancata in Kirghizistan

Questo articolo è stato pubblicato sul numero 72/2009 di Terra

Migliaia di manifestanti sono scesi in piazza in Kirghizistan contro il governo del presidente Kurmanbek Bakiyev, accusato di corruzione e di non aver mantenuto le promesse elettorali in tema di modernizzazione dell’economia. Il Paese infatti, abitato prevalentemente da contadini e pastori musulmani, si dibatte ancora dietro uno spesso velo di tradizione e arretratezza a ormai quasi vent’anni dall’indipendenza.

Eppure col crollo dell’Unione sovietica i vertici politici avevano imboccato strade inaspettatamente assennate, prima fra tutte quella di mantenere il russo come lingua ufficiale accanto al chirghiso, per evitare col bilinguismo la perdita della classe media composta prevalentemente di russofoni. Il Kirghizistan è stato il primo stato ex sovietico a liberare la banca centrale dal controllo della politica, separando di fatto i meccanismi economici dalle incapacità della nomenklatura. Lo sviluppo delle fonti idroelettriche e lo sfruttamento delle risorse minerarie ha creato crescita economica e lavoro, pur sollevando numerose questioni ambientali.

Ma il vero nodo rimane l’applicazione della riforma agraria. Il Kirghizistan si è posto all’avanguardia in Asia quando oltre 70mila contadini impiegati nelle mastodontiche cooperative statali sono potuti diventare proprietari delle terre che già coltivavano grazie alle riforme approvate subito dopo l’indipendenza. L’iniziativa ha creato grandi aspettative visto che l’agricoltura è fonte dei due terzi del PIL nazionale e dà lavoro a metà della popolazione.

Tantissimi infatti, in seguito alla dissoluzione dell’ex Urss, hanno perso il lavoro e sono dovuti tornare alla terra per sopravvivere, imparando con difficoltà a muoversi nel libero mercato. Alcuni sono riusciti ad unirsi in piccole cooperative artigiane e avviare imprese poco più che familiari, diventando il vero motore di uno sviluppo economico lento ma sano.

Eppure il codice e la realtà ancora oggi non si incontrano poiché i contadini fanno fatica a comprendere i testi giuridici e sono quindi facile preda degli abusi di un sistema corrotto. Anche per questo continuano a vivere in grande maggioranza sotto la soglia di povertà. Come conseguenza tensioni e scontri per la proprietà delle poche terre coltivabili non sono rari e rischiano di tradursi in conflitti estesi, anche interetnici. Alcuni rimpiangono il vecchio sistema sovietico durante il quale c’era povertà ma i diritti di base erano garantiti.

L’applicazione in pieno della riforma agraria sarà la questione su cui si giocherà in futuro la capacità di sviluppo del Paese, e il governo di Bakiyev sta fallendo proprio su questo. Ma alle accuse dell’opposizione esso risponde con l’arresto dei leader delle proteste. Così, mentre le elezioni presidenziali del prossimo 23 luglio si annunciano difficili dal punto di vista democratico, la campagna elettorale si surriscalda grazie alle proteste di piazza ed è probabile che vedremo sventolare a lungo nelle strade le bandiere rossoverdi dell’opposizione.

Bruno Picozzi


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