Tra John McCain, che vuole che l'America resti in Iraq "fino alla vittoria", e Barack Obama, che vuole richiamare il grosso delle truppe "da combattimento" attualmente stazionate nel paese (circa un terzo dei 146.000 soldati sul posto), Baghdad non vuole scegliere. In ogni caso, non immediatamente prima della cruciali elezioni che si terranno nel mese di ottobre per scegliere sindaci, governatori e "deputati" delle assemblee regionali in tutte le 18 province del paese. (continua a leggere)
Il primo ministro iracheno, Nouri al-Maliki, ha praticamente posto fine ai negoziati in materia sostenendo che l'accordo che codifica la presenza di forze americane in Iraq al di là del 31 dicembre, quando scadono le risoluzioni delle Nazioni Unite che dal 2003 la legalizzano, debba includere un "calendario per il ritiro" delle truppe straniere.
Il Presidente Bush ha ripetuto ancora una volta martedì che egli "respinge con forza" un "calendario artificiale per il ritiro." Di conseguenza, Ali Al-Dabbagh, portavoce del primo ministro, ha detto detto oggi che è "molto probabile" che un accordo a lungo termine (dieci anni almeno) sul futuro status delle forze (Statuto sull'Accordo delle Forze, comunenmente detto SOFA) "sia ritardato fino all'elezione di una nuova amministrazione" a Washington. Dopo cinque mesi di negoziati in materia, non è possibile per Baghdad firmare un semplice "accordo interinale", valido per un anno.
Questo approccio risponde alle esigenze dei Democratici americani. Nel suo "piano per l'Iraq" pubblicato lunedì 14 luglio sulla stampa americana e in parte ribadito martedì scorso, Barack Obama, che vuole "fermare la guerra" in questo paese, al fine di liberare truppe da inviare in Afghanistan, ritiene che l'appello di Maliki costituisca una "grande opportunità" per il suo paese per rivedere la sua strategia in Iraq. Il candidato democratico per le elezioni presidenziali di novembre "perfezionerà" la sua posizione dopo la visita che dovrebbe effettuare in loco.
A seguito del forte calo di incidenti armati giornalieri registrati sul terreno dopo la fine del 2007, non è escluso che diverse migliaia di soldati siano già ritirati dall'Iraq entro la fine dell'anno. Le discussioni sul SOFA sono in fase di stallo su diversi punti: l'amministrazione Bush vuole mantenere l'immunità di cui godono i suoi soldati e le migliaia di 'contractors' civili. Vuole continuare a monitorare lo spazio aereo iracheno, a preservare le decine di basi che occupa e a conservare il diritto di fermare qualsiasi cittadino iracheno "sospetto".
In un paese in cui il 70% della gente regolarmente domanda la partenza delle "truppe di occupazione", nessun governo può ovviamente accettare queste richieste. Ancor meno nel periodo pre-elettorale, quando tutti i partiti in competizione prendono posizioni nazionaliste. Il che non impedisce di portare avanti secondi fini. "I curdi, ha confessato di recente il ministro degli Interni, Jawad Al-Bolani, sul quotidiano saudita Asharq Al-Awsat, sono a favore del SOFA: in pubblico e nel privato. Gli Sciiti sono a favore pubblicamente, ma segretamente contro. Al contrario dei Sunniti che sono contrari in pubblico, ma segretamente a favore." Le negoziazioni riprenderanno nel 2009 con il nuovo ospite della Casa Bianca.
Tratto da:
Bagdad refuse le projet américain sur le futur statut des GI di P. Claude
su Le Monde.fr, Francia, 16 luglio 2008
Tradotto da Bruno Picozzi
mercoledì 16 luglio 2008
Bagdad rifiuta la proposta americana sul futuro statuto dei militari USA
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento