Ogni mattina il dubbio mi assale: di cosa parlerò oggi davanti ai miei cinque lettori? Racconterò delle bambine violate e mutilate in Darfur o della guerra che sta per ricominciare nel Sahara Occidentale? Dei diritti negati ai Madhesi del Nepal o della persecuzione antica dei cattolici vietnamiti? Della repressione sanguinaria del dissenso tra le spiagge delle Maldive o dei contadini Maya che da 15 anni tentano l'autogoverno? Che senso ha urlare un'ingiustizia e essere costretto a tacerne altre mille? Spegnere la luce inutile e ingiusta della mia stanza quando miliardi di luci sono ingiustamente accese?
Che senso ha, mi chiedo ogni giorno, cercare di vuotare il mare con un insignificante cucchiaio?
Mi chiedo: cosa è veramente cultura di pace?
Ogni mattina, solo davanti allo schermo, mi do due risposte.
Cultura di pace è anzitutto educazione! Educare se stessi ogni giorno a comportamenti che siano sostenibili per tutti i miliardi di uomini del pianeta. Farlo, senza estremismi e senza alibi, nei limiti concessi dalla propria società.
La seconda risposta mi veniva ieri, durante una riunione di cittadini attivi: cultura di pace è testimonianza! Dire no, tutti i giorni, allo spreco dell'acqua e alla condanna a morte. Affermare quotidianamente la propria personale disapprovazione verso tutto ciò che è inaccettabile alla propria coscienza. Coltivare la propria coscienza con la conoscenza e con l'azione. Testimoniare con le proprie parole e le proprie azioni dell'esistenza di un altro mondo possibile.
Ecco il senso di questo lavoro, coltivare la propria cultura di pace come fosse una piantina delicata: acqua e amore tutti i giorni.
Allora, con tutta franchezza, poco importa di quante ingiustizie non saprò e non potrò parlare. Questo piccolo blog per me stesso e per chi ha volontà di esserci resta comunque un piccolo, meraviglioso, efficace veicolo di cultura di pace.
lunedì 7 aprile 2008
Il mare, un blog e il cucchiaio
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Cultura di pace
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3 commenti:
mi trovo in un seminario di EVS (European Voluntary Service) ed e' bellissimo vedere che qualcosa si muove: forse solo perche' qui sono davvero concentrati i giovani che si fanno domande e cercano risposte...Gente che ha capito perche' mangiare carne non e' una cosa cosi' normale e quotidiana, di poca influenza sul mondo nel qule viviamo, gente che spegne le luci, che sorride e accetta a braccia aperte la "diversita'". Sono convinta anche io che la prima cosa sia cambiare se stessi, capire che ogni piccola azione ripetuta da migliaia di individui puo' fare la differenza. :-) Wasser & Liebe
Caro Bruno,
non farti assalire da dubbi, perchè credo che per tutto quello che stai facendo, sei di sicuro l'ultima persona che merita di essere tormentata da amletici quesiti...sono ormai anni che ti conosco, e mi hai sempre trasmesso PACE, GIOIA, EUFORIA, voglia di fare, volontà di mettersi in gioco e soprattutto COERENZA. Una parola che oggi non esiste...soprattutto in italia, a ridosso di buffe ed inutili elezioni dove chi era di destra è diventato di sinistra e viceversa...tu sei una di quelle poche anime che ogni mattina si guarda in faccia e vede se stesso...e magari sorride e dice il buongiorno in napoletano!
Sei te stesso in un mondo dove fare delle scelte fuori dal coro è diventato raro...a me prendono in giro se non mangio carne, dicendo che "tanto va di moda", quando non bevo Coca Cola sono "fissata", quando denuncio sprechi d'acqua mi viene risposto che "tanto tutti lo fanno". Sono stufa di queste mentalità piatte, coi paraocchi, limitate...finchè la gente ragiona così, il futuro sarà sì più difficile (soprattutto per i nostri figli...) ma almeno, caro Bruno, avremo la fierezza di essere gli unici rimasti a guardarci allo specchio ed essere felici!
Un abbraccio e...che la pace sia sempre con te! Ale
Credo che il problema sia in questo, che siamo soli. O almeno crediamo di esserlo. La rete ci da una parvenza di unione, ma la vera forza sta nel momento della condivisione REALE della nostra vita. La condivisione concreta delle nostre scelte, la condivisione di quello che mangiamo, della nostra casa, della nostra vita. Il "buon" Pasolini diceva che la nostra vita da individui è la nostra più grande sconfitta.
La dimensione di "villaggio", anche in città, ci può dare vera forza, reale unità.
Credo.
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