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Doveva succedere, prima o poi, che io parlassi della Coca Cola.
Il simbolo del made in USA non sta vivendo tempi facili in India. L'opposizione delle comunità allo sfruttamento massiccio delle fonti di acqua dolce per l'imbottigliamento delle bibite della multinazionale di Atlanta ha infatti dato il via a una campagna che in pochi anni si è diffusa a macchia d'olio in tutto il paese, riuscendo anche a ottenere la chiusura di uno degli stabilimenti principali.
Il movimento indiano contro la Coca-cola è divenuto una presenza radicata che coinvolge centinaia di migliaia di persone. In India, il 70 per cento degli abitanti basa la propria sussistenza sull'agricoltura e di conseguenza sulla disponibilità di acqua. Le comunità che vivono accanto agli stabilimenti di imbottigliamento della multinazionale hanno subito inpochi decenni la graduale contaminazione del territorio e una progressiva mancanza d'acqua causata dalle ingenti quantità di acqua dolce necessarie alla lavorazione delle bevande. L'incidenza di questi fattori ha colpito principalmente le comunità più vulnerabili: popoli indigeni, donne, classi sociali disagiate, piccoli agricoltori, mezzadri senza terra propria, tutta gente che ha subito la perdita dei mezzi di sussistenza tradizionali e della sicurezza alimentare.
L'impoverimento delle riserve di acqua locale ha messo in serio pericolo intere comunità.
Inoltre la Coca-cola è accusata di aver distribuito residui tossici come fertilizzanti ai contadini residenti accanto agli stabilimenti. Le conseguenze a lungo termine della esposizione ai residui tossici non sono ancora calcolabili, tuttavia Coca-cola è sicuramente colpevole di aver contaminato i terreni e le acque sotterranee e superficiali, oltre che di aver messo in vendita bevande con elevati gradi di tossicità.
In seguito ad uno studio condotto dal CSE (Centre for science and environment), il 7 dicembre 2004 la suprema corte dell’India ha imposto alle multinazionali l'obbligo di apporre su ogni confezione un'etichetta recante l’attestazione di pericolo per i consumatori.
La Coca Cola è divenuta mondialmente un esempio di malagestione delle risorse, e ha dimostrato di operare in totale violazione dei criteri di responsabilità sociale ed ambientale causando povertà, contaminazioni e malattie.
venerdì 11 aprile 2008
Vuoi una Coca Cola? No, grazie!
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Acqua,
Boicottaggio,
Cultura di guerra
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1 commento:
Caro bippi, come sai frequento spesso l'India e ti posso confermare che una fabbrica di cocacola è stata realmente chiusa. Che sappia io, è quella del Kerala. Il problema è sato che la maggiorparte dei pozzi da cui attingono i contadini non è più profonda di 15-20 metri. Il massiccio uso di acqua da parte della cocacola ha abbassato il livello della falda acquifera, lasciando i pozzi all'asciutto. A quel punto agli agricoltori sono girati i santissimi e con un piccolo aiuto di Vandana Shiva, l'hanno fatta chiudere.
Per il resto non ho notato nessun tipo di informazione per boicottare cocacola. Ho visto scaricare casse di cocacola da barche in sperdutissime spiagge del Karnataka.
A Dharamsala, nella comunità tibetana, la cocacola spadroneggia. le scritte che avvisano del pericolo, io non le ho mai viste. Pare che fra poco la cocacola India abbandonerà le bottiglie in vetro (li ancora esistono) per quelle in plastica. Sappiamo tutti che il problema di una bibita in bottiglia di plastica è il rilascio di sostanze tossiche, sopratutto se esposta al sole.
Io e la mia famiglia solitamente bevevamo il Maaza, un succo di mango in bottiglia, ma abbiamo scoperto che è sempre della cocacola.
Insomma, dove ti muovi, c'è cocacola.
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