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Da bambino mi piaceva giocare alla guerra. Era divertente.
Quando sono diventato adulto ho capito, assolutamente da solo e senza nessun aiuto da parte della società, che la guerra non è un gioco e non è per nulla divertente.
La cultura della pace parte dall'affermazione che la guerra non è un gioco.
Facciamo che i bambini cerchino le proprie gerarchie senza pistole e spade giocattolo, senza fare stragi sui videogames. Che non ammazzino per gioco.
Non ci si diverte in guerra. Si fa del male e si riceve del male.
Ho trovato su Réseau Voltaire un'intervista a Jimmy Massey, un ex soldato di ritorno dalla guerra. Un articolo lungo ma invito tutti a leggerlo con attenzione. Non è importante di quale esercito e in quale guerra fosse Jimmy. Tutti i soldati in guerra fanno quello che lui racconta perchè la guerra non è un gioco. Si fa del male e si riceve del male."Ero stato addestrato per eseguire ciecamente gli ordini del presidente (...) e portare al paese ciò che lui aveva richiesto senza una qualsiasi considerazione morale. Ero uno psicopatico perché ho imparato prima a sparare e poi a domandare, come un malato e non come un soldato professionista che deve affrontare solo un altro soldato. Se bisognava ammazzare donne e bambini, noi lo facevamo."
Su una rivista francese lessi questa frase: se la risposta è la guerra, la domanda deve essere sbagliata!
giovedì 6 marzo 2008
Giochiamo alla pace
Labels:
Cultura di pace
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3 commenti:
i soldati che sono morti in guerra sono gli eroi della patria. E' forse un modo come un altro per lavarci le coscienze? Per non ammettere che siamo colpevoli di non aver gridato un no con forza? di non aver saputo trovare un'alternativa, magari più difficile, ma giusta? E' del rifiuto alla guerra che dobbiamo andare fieri, non dei soldati che abbiamo mandato a morire ed uccidere.
Ci sta un altro articolo sulla stessa pagfina di voltaire che parla della guerra in Iraq. Dice che sono morti seicentomila iracheni durante questa guerra? E' una cosa possible?
Ma allora perchè ci dicono che è una missione di pace?
FRA CENT'ANNI
Da qui a cent'anni, quanno
ritroveranno ner zappà la terra
li resti de li poveri sordati
morti ammazzati in guerra,
pensate un po' che montarozzo d'ossa,
che fricandò de teschi
scapperà fòra da la terra smossa!
Saranno eroi tedeschi,
francesci, russi, ingresi,
de tutti li paesi.
O gialla o rossa o nera,
ognuno avrà difesa una bandiera;
qualunque sia la patria, o brutta o bella,
sarà morto per quella.
Ma lì sotto, però, diventeranno
tutti compagni, senza
nessuna diferenza.
Nell'occhio vôto e fonno
nun ce sarà né l'odio né l'amore
pe' le cose der monno.
Ne la bocca scarnita
nun resterà che l'urtima risata
a la minchionatura de la vita.
E diranno fra loro: - Solo adesso
ciavemo per lo meno la speranza
de godesse la pace e l'uguajanza
che cianno predicato tanto spesso!
TRILUSSA - 31 gennaio 1915.
Al di là dell'Ironia der gran poeta romanesco Trilussa...dalla sua poesia voglio trarre spunto per dire che mi auguro davvero che Pace ed ugualianza non debbano essere conquista dagli uomini solo nel loro passaggio all'ALDILA'...
ma spero...mi auguro anch'io come il caro amico Bruno...che l'uomo sappia auto correggersi confrontadosi prima che sia per lui tardi!
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