Sul blog Scuole per la pace ho trovato questo post del 22 settembre 2004.
"L’idea che vorremmo condividere è che la pace non sia un’entità astratta ma qualcosa che vada costruito insieme e che si componga di diversi aspetti.
Parlare di pace significa anche occuparsi di alcuni aspetti della nostra vita sociale, di come essi impattano sul resto del mondo e di come sia possibile limitare questo impatto almeno nei suoi aspetti più negativi.
Per questo credo che parlare di pace voglia dire anche affrontare questi temi:
- Diritti umani (educare alla giustizia)
- Energia, produzione, consumo ed inquinamento
- Consumo consapevole e stili di vita
- Diritto al sapere, diffusione della conoscenza, proprietà intellettuale
- Digital divide, nuove tecnologie, accesso all'informazione, accessibilità
E parlandone provare a modificare i nostri comportamenti, anche quelli piccoli, ma soprattutto chiedersi sempre se quelle che ci si presentano come “necessità impellenti” non siano in realtà bisogni indotti o desideri di “bambini viziati” che a noi sembrano accessibilissimi ma che ci togliamo sulle spalle di altri.
Pensare prima di agire e se è così modificare il nostro agire per renderlo più equo e compatibile nei confronti dei bisogni di chi ancora soffre la fame, le privazioni e la violenza.
Perché "non c’è pace senza giustizia" e non c’è giustizia se non ci rendiamo conto che il nostro stile di vita “avanzato” è frutto di secoli di sfruttamento di popoli e predazione di risorse che non ci appartengono.
Non è necessario per questo trasformarsi in neoluddisti o tornare anche noi al medioevo (ricordate le dichiarazioni di qualcuno sul piombare l’Iraq nel medioevo? Obiettivo raggiunto direi..) ma è possibile orientare diversamente i nostri consumi, ridurre gli sprechi ed i bisogni.
Questo non ci consegnerà automaticamente un mondo migliore ma ci metterà sulla strada giusta per rendere possibile un mondo diverso!"
"L’idea che vorremmo condividere è che la pace non sia un’entità astratta ma qualcosa che vada costruito insieme e che si componga di diversi aspetti.
Parlare di pace significa anche occuparsi di alcuni aspetti della nostra vita sociale, di come essi impattano sul resto del mondo e di come sia possibile limitare questo impatto almeno nei suoi aspetti più negativi.
Per questo credo che parlare di pace voglia dire anche affrontare questi temi:
- Diritti umani (educare alla giustizia)
- Energia, produzione, consumo ed inquinamento
- Consumo consapevole e stili di vita
- Diritto al sapere, diffusione della conoscenza, proprietà intellettuale
- Digital divide, nuove tecnologie, accesso all'informazione, accessibilità
E parlandone provare a modificare i nostri comportamenti, anche quelli piccoli, ma soprattutto chiedersi sempre se quelle che ci si presentano come “necessità impellenti” non siano in realtà bisogni indotti o desideri di “bambini viziati” che a noi sembrano accessibilissimi ma che ci togliamo sulle spalle di altri.
Pensare prima di agire e se è così modificare il nostro agire per renderlo più equo e compatibile nei confronti dei bisogni di chi ancora soffre la fame, le privazioni e la violenza.
Perché "non c’è pace senza giustizia" e non c’è giustizia se non ci rendiamo conto che il nostro stile di vita “avanzato” è frutto di secoli di sfruttamento di popoli e predazione di risorse che non ci appartengono.
Non è necessario per questo trasformarsi in neoluddisti o tornare anche noi al medioevo (ricordate le dichiarazioni di qualcuno sul piombare l’Iraq nel medioevo? Obiettivo raggiunto direi..) ma è possibile orientare diversamente i nostri consumi, ridurre gli sprechi ed i bisogni.
Questo non ci consegnerà automaticamente un mondo migliore ma ci metterà sulla strada giusta per rendere possibile un mondo diverso!"
Nessun commento:
Posta un commento