giovedì 21 agosto 2008

Chi si ricorda di una guerra in Cecenia?

Qualcuno ha provato a paragonare il disastro in Ossezia del Sud alla Cecenia. Una forzatura disonesta per molti motivi, legittimata solo dal fatto che le due regioni sono entrambe nel Caucaso, hanno un po’ di storia in comune e vi è coinvolta la Russia.
Ma la profonda differenza è nella semplice considerazione che i Ceceni combattono contro i Russi mentre i Sudosseti combattono contro i Georgiani. I Russi sono quindi i nemici dei Ceceni ma allo stesso tempo sono gli amici degli Osseti.


La guerra in Cecenia, sotto i riflettori qualche anno fa, viene oggi appena nominata da qualcuno ma è totalmente nell’ombra. Solo qualche sporadico articolo ci ricorda di tanto in tanto questa tragedia, senza però alzare troppo la voce finché la Russia viene considerata un partner internazionale affidabile nella millantata ‘lotta al terrorismo’.
Di seguito pubblichiamo un articolo apparso nel 2006 su Repubblica.

Il silenzio sull' orrore in Cecenia

Repubblica — 03 marzo 2006 pagina 21 sezione: COMMENTI
E’ estremamente difficile per un osservatore onesto riuscire a superare le porte sprangate che separano la Cecenia dal resto del mondo. In effetti, nessuno sa bene quante siano state le vittime civili in dieci anni di guerra. Secondo le valutazioni di organizzazioni non governative, il loro numero varierebbe da 100.000 (1 civile su 10) a 300.000 (uno su quattro). Quanti votanti hanno preso parte alle elezioni del novembre 2005? Dal 60 all' 80%, secondo le autorità russe; ma per gli osservatori indipendenti i votanti non sono stati più del 20%. Dato il blackout imposto sulla Cecenia, non è possibile valutare con precisione gli effetti devastanti di questo spietato conflitto. Ma la censura non può nascondere del tutto l' orrore. Sotto gli occhi del mondo, una capitale - Grozny, 400.000 abitanti - è stata rasa al suolo: nulla di simile era accaduto dal 1944, quando Hitler decretò la punizione di Varsavia. Un atto disumano, che non può trovare giustificazioni plausibili nelle "misure antiterroristiche" su cui tanto insiste il presidente russo Vladimir Putin. La leadership militare russa sostiene di combattere contro uno schieramento formato da 700-2000 combattenti. Quali sarebbero state le reazioni se il governo britannico, o quello spagnolo, avessero bombardato le città di Belfast o di Bilbao, col pretesto di reprimere i terroristi dell' Ira o dell' Eta? Eppure il mondo continua a tacere davanti al saccheggio e alla distruzione di Grozny e di altre città e villaggi ceceni. Le donne, i bambini, i civili ceceni non hanno forse lo stesso diritto al rispetto del resto dell' umanità? Sono ancora considerati umani? Nulla può scusare l' indifferenza che sembra esprimere il silenzio del mondo. In Cecenia è in gioco il nostro fondamentale senso morale. Dobbiamo accettare lo stupro delle ragazze rapite dalle forze occupanti o dalle loro milizie, tollerare l' assassinio di bambini, il prelevamento forzato di ragazzi che vengono torturati, massacrati, per essere poi rivenduti, vivi o morti, alle loro famiglie? E che dire dei "campi di filtraggio", della "legna da ardere umana"? Che dire delle popolazioni di interi villaggi, sterminate per "dare l' esempio"? Alcune ONG e qualche coraggioso reporter russo o occidentale hanno testimoniato di innumerevoli crimini. Perciò non possiamo dire: "Non sapevamo". Di fatto, è il principio fondamentale delle democrazie e degli Stati civilizzati a essere in gioco in Cecenia: il diritto dei civili alla vita, che comporta la tutela delle persone innocenti, delle vedove, degli orfani. Gli accordi internazionali e la Carta delle Nazioni Unite sono vincolanti in Cecenia non meno che altrove. Il diritto delle nazioni all' autodeterminazione non implica il diritto dei governanti a disporre a loro arbitrio delle popolazioni. E' in gioco anche la lotta contro il terrorismo. Chi ancora non si è reso conto che l' esercito russo si sta effettivamente comportando come una squadra di pompieri piromani, che col loro comportamento attizzano le fiamme del terrorismo? Dopo dieci anni di repressione su vasta scala l' incendio, lungi dall' essere domato, si sta estendendo al di là dei confini, mettendo a fuoco il Caucaso del Nord e inasprendo sempre più la ferocia dei combattenti. Per quanto tempo potremo ancora ignorare il fatto che mentre agita lo spauracchio del terrorismo ceceno, il governo russo sta sopprimendo le libertà conquistate dopo il tracollo dell' impero sovietico? La guerra cecena è la motivazione, e al tempo stesso la maschera dietro cui si cela il ripristino del potere centralizzato in Russia: un potere che rimette sotto controllo i media, legifera contro le ONG e rafforza il "potere verticale", sgombrando il campo da ogni istituzione o autorità in grado di contenere o contrastare il Cremlino. Dietro la guerra sembra nascondersi il ritorno all' autocrazia. Purtroppo in Cecenia le guerre si sono susseguite per trecento anni. Sotto lo Zar esplodevano selvaggi scontri coloniali, e sotto Stalin si arrivò quasi al genocidio, con la deportazione dell' intera popolazione cecena, un terzo della quale perì durante il tragitto verso il Gulag. Poiché respingiamo le imprese coloniali e le azioni di sterminio; amiamo la cultura russa; crediamo che la Russia possa fiorire in un futuro democratico; e riteniamo che il terrorismo - sia esso opera di gruppi senza legami con uno stato o di eserciti nazionali - vada sempre condannato, chiediamo la fine del blackout mondiale sulla questione cecena. Dobbiamo aiutare le autorità russe a sfuggire alla trappola che esse stesse hanno creato e in cui sono cadute, mettendo a rischio non soltanto i popoli della Cecenia e della Russia, ma il mondo intero. Sarebbe tragico se durante il Vertice del G8, previsto a S. Pietroburgo (Russia) nel giugno 2006, la questione cecena fosse messa a tacere. Questa spaventosa guerra che sembra non aver fine dev' essere discussa apertamente, se si vuole arrivare infine alla pace.

Copyright: Project Syndicate, 200www.project-syndicate.org (traduzione di Elisabetta Horvat)


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