martedì 12 agosto 2008

Guerra tra Russia e Georgia per il controllo di Ossezia del Sud e Abkhazia

Il Presidente della Federazione Russa Medvedev ha annunciato la fine delle operazioni militari in Ossezia del Sud, salvo ulteriori provocazioni da parte della Georgia.

Sembra quindi si stia lentamente raffreddando la crisi che scuote la regione separatista dopo l'attacco delle truppe georgiane nella notte tra giovedì e venerdì scorsi. Ma chiunque parli di pace o di soluzione mente sapendo di mentire. E mente spudoratamente chiunque racconti che improvvisamente è scoppiata la guerra.


La verità è che in Ossezia del Sud si è riaccesa in questi giorni una delle tante guerre dimenticate dai media nostrani. Chi invece mastica un po’ di geopolitica sa che tutto il Caucaso è una polveriera da secoli.

I piccoli e fieri popoli che abitano queste regioni di confine tra Asia e Europa, esposti da sempre ai capricci dei grandi imperi, si sono convertiti all’occasione in cristiani e musulmani, bolscevichi e menscevichi, filonazisti e antinazisti, filorussi e filoccidentali, sempre e solo alla ricerca della propria identità e autonomia. Di tanto in tanto la storia del Caucaso vede nascere e repentinamente morire una repubblica autonoma o indipendente. (
continua a leggere)

Gli Zar russi fecero terra bruciata nel Caucaso a partire dal 1700, contrastando l'avanzata del potente Impero Ottomano. La rivoluzione d’ottobre mise questi popoli gli uni contro gli altri. A partire dal 23 febbraio 1944, alla ricerca di una soluzione definitiva del problema caucasico, il georgiano Stalin deportò oltre un milione di Ceceni, Ingusci, Balcari, Caraciai, ecc. in Asia centrale e in Siberia. (Un terzo di essi morì durante il trasporto in carri bestiame non riscaldati e sigillati. La stessa sorte toccò ai Tatari di Crimea, ai Calmucchi e ai Meschi di Georgia, e ai Tedeschi del Volga, installati nella zona da due secoli e che erano stati il pilastro del potere bolscevico durante la guerra civile). I popoli deportati tornarono decimati alle loro terre solo dopo la morte del dittatore sovietico.

In Ossezia del Sud la guerra recente è scoppiata alla caduta del regime sovietico che aveva diviso gli Osseti tra una regione amministrativa russa e una georgiana, essendo la Georgia parte dell'Unione Sovietica. I leader politici dell’Ossezia del Sud, crollato il potere forte centrale, hanno spinto per la riunificazione con l’Ossezia del Nord in seno alla nuova Russia. Ma la Georgia, supportata dai Paesi occidentali, ha fatto orecchie da mercante. Ne è nata una guerra (1991-92) che ha causato fino a 3.000 morti e quasi 100.000 profughi. In conseguenza di ciò solo il 15% degli Osseti vive oggi nell'Ossezia del Sud, e la quasi totalità di questi ha un passaporto russo.

Altra conseguenza della guerra fu l’espulsione dal territorio osseto dei Georgiani, come avvenne anche in Abkhazia per dinamiche simili. In Ossezia fu istituita una forza di peacekeeping costituita da Osseti, Russi e Georgiani. Nel 1992 l'OSCE organizzò una missione in Georgia per monitorare le operazioni di peacekeeping.

Da allora fino alla metà del 2004, l'Ossezia del Sud è stato un territorio sostanzialmente pacifico, formalmente autonomo e de facto indipendente.

Nel giugno 2004, è riesplosa la tensione in seguito alla ‘rivoluzione delle rose’ contro Shevardnadze, allora Presidente della Georgia ed ex Ministro degli Esteri dell’Unione Sovietica. Mikheil Saakachvili, nuovo Presidente della Georgia, filoccidentale e riformista, sostenuto dagli Stati Uniti e dall’Europa, batté il tasto del nazionalismo contro le tre province indipendentiste di Ossezia del Sud, Abkhazia e Ajaria. Solo quest’ultima regione, culturalmente poco dissimile dalla Georgia, ha accettato infine di essere una provincia autonoma della Georgia. Le altre due regioni, confinanti con la Russia, continuano ad autogovernarsi col sostegno di Mosca.

La guerra a cui assistiamo oggi ha radici lontane nel tempo e mescola questioni storiche, problemi di identità nazionale, lingua e religione, equilibri strategici dovuti al controllo delle risorse di gas e petrolio della regione, considerazioni sull’autodeterminazione dei popoli.

Ciò che è innegabile è che gli Osseti (del nord e del sud) sono un popolo la cui cultura e lingua non sono né russe né georgiane, e hanno il diritto, come tutti, di vivere in una terra propria e di decidere del proprio futuro.

Bruno Picozzi


Ultimi aggiornamenti del 12 agosto sulla guerra in Ossezia del Sud e Abkhazia tratti da Le Monde.fr, BBCNEWS, Corriere della Sera.it e La Repubblica.it

Il presidente russo Dmitri Medvedev ha annunciato la fine delle operazioni militari nelle regioni separatiste georgiane di Abkhazia e Ossezia del sud ma ha posto due condizioni alla pace, a cominciare dal ritorno delle truppe di Tbilisi alle posizioni precedenti lo scoppio delle ostilità. Lo riferiscono le agenzie.

«Possiamo discutere la questione di una soluzione definitiva se sono rispettate due condizioni», ha spiegato prima di incontrare il presidente francese Nicola Sarkozy. «La prima è che le truppe georgiane devono tornare alle posizioni iniziali ed essere parzialmente demilitarizzate. In secondo luogo, dobbiamo firmare un documento giuridicamente vincolante sul non uso della forza», ha aggiunto. «Sulla base del vostro rapporto ho deciso di concludere l’operazione per costringere le autorità georgiane alla pace», ha dichiarato il leader del Cremlino durante un incontro con il capo dello Stato maggiore e con il ministro della Difesa, affermando che lo scopo dell'operazione bellica è ormai stato raggiunto. Nello stesso tempo il leader del Cremlino ha ordinato di «eliminare l'aggressore» in caso di ulteriori ostilità da parte delle forze georgiane.

La Russia non vuole rovesciare il presidente georgiano Mikhaïl Saakachvili, ma «sarebbe meglio» se quest'ultimo lasciasse il potere. Lo ha detto questa mattina il ministro degli Esteri russo Sergeï Lavrov.
«Non è nostra abitudine rimuovere qualcuno o porre qualcun'altro sul trono», ha detto Lavrov in conferenza stampa congiunta con il pari grado finlandese Alexander Stubb, attuale presidente dell'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE). Lavrov ha aggiunto che la russia non accetterà alcuna ipotesi di accordo che comporti la permamenza di soldati georgiani, nel quadro di una forza internazionale di peacekeeping.

«Una buona notizia»: così il Presidente della Repubblica francese, Nicolas Sarkozy, ha definito la cessazione delle ostilità in Georgia annunciata dal presidente russo poco prima del loro incontro al Cremlino. «È una novità che aspettavamo. È una buona novità», ha osservato Sarkozy, chiedendo però di «dare corpo al cessate-il-fuoco». «Ora bisogna realizzarlo in pratica. Dobbiamo tracciare una scaletta di azioni per tornare alle posizioni di partenza», ha aggiunto Sarkozy. La Russia deve «mettere la sua potenza al servizio della pace» ha aggiunto poi Sarkozy al Cremlino all’inizio dell’incontro con il presidente russo.

Sarkozy è a Mosca per colloqui con il Presidente Medvedev in veste di rappresentante di turno della UE, per «tentare di finalizzare» un cessate-il-fuoco. I Ministri degli Esteri francese e finlandese avevano incontrato ieri i vertici georgiani a Tbilisi in rappresentaza della UE e dell'OSCE, di cui Francia e Finlandia reggono rispettivamente la presidenza. I due avevano presentato al presidente georgiano Mikhail Saakachvili un piano di pace in tre punti preparato dall'Unione Europea per porre fine al conflitto. Il piano prevede il rispetto dell'integrità territoriale della Georgia, la cessazione immediata delle ostilità e il ritorno alla situazione precedente l'inizio delle ostilità.
Secondo il segretario del Consiglio di sicurezza nazionale georgiano, Alexandre Lomaïa, la Georgia avrebbe quindi sottoposto alla Russia un documento appoggiato dalla UE e firmato dal Presidente Saakachvili contenente delle «proposte di pace».

Fonti georgiane hanno confermato che le truppe di Mosca hanno fermato l'avanzata. Ciononostante i combattimenti continuano e vengono denunciati bombardamenti nelle ultime ore su alcune località della Georgia: Ruisi, Sakorsiko e Agara.
Di sicuro Tskhinvali e il resto della regione sudosseta sono ormai sotto il controllo delle truppe russe.
Le truppe georgiane si sono completamente ritirate dall’Ossezia del Sud di fronte alla massiccia avanzata russa e si siano poste a difesa della capitale Tbilisi e della città di Gori, patria di Stalin in territorio georgiano. Gori è stata bombardata anche questa mattina e secondo fonti georgiane sarebbe praticamente occupata dai Russi, come anche il porto di Poti sul Mar Nero.
Queste affermazioni sono state seccamente smentite da Mosca, secondo cui nessun soldato russo è entrato a Gori. Ma Saakachvili ha denunciato ieri in un discorso televisivo che buona parte del territorio georgiano è ormai occupato dalle truppe di Mosca e ha chiesto l'intervento delle democrazie occidentali a difesa del suo Paese.

Ormai alla guerra delle bombe si aggiunge quella delle parole. Saakachvili accusa la Russia di operare una pulizia etnica nella regione mentre fonti russe accusano apertamente la Georgia di operare un genocidio nei confronti dei Sudosseti.

Almeno 10.000 soldati russi ben equipaggiati sarebbero stati inviati in Ossezia del Sud per respingere i circa 7.400 soldati georgiani invasori supportati da cento carri blindati e artiglieria.
Secondo fonti russe i civili osseti morti nel conflitto sarebbero circa 1.600. Sono invece circa 30.000 i profughi provenienti dall'Ossezia del Sud giunti nell'Ossezia del Nord, in territorio russo. E' quanto ha dichiarato un portavoce della Commissione Europea a Bruxelles. Secondo il portavoce, circa 6.000 sono invece riparati nella capitale georgiana, Tbilisi, mentre altri 12.000 sono sfollati all'interno della regione. Secondo la Croce Rossa internazionale, circa 56.000 Georgiani sono fuggiti dalle loro case.
Il bilancio delle perdite dell'esercito russo sale a 18 morti, 52 feriti, 14 dispersi e quattro velivoli abbattuti. Lo riportano fonti militari russe citate dall'agenzia russa Interfax. I Georgiani parlano invece di centinaia di soldati russi uccisi e quasi cento carri distrutti.

La Russia smentisce di aver instaurato un blocco navale davanti alle acque georgiane per impedire alla Georgia di ricevere materiale bellico ma di fatto la flotta russa del Mar Nero incrocia al largo della costa georgiana. Le navi russe usano come punto d’appoggio il porto di Otchamtchyra, nella repubblica separatista di Abkhazia. L'Ucraina, alleato filoccidentale della Georgia, minaccia di non permettere alle navi russe il ritorno alla base in Crimea.

La situazione in Abkhazia

Nel frattempo le truppe russe sono entrate in Georgia attraverso l'altra repubblica separatista georgiana dell'Abkhazia. Continuano gli scontri nella gola di Kodori, l'unica parte della repubblica separatista dove erano ancora attestate forze georgiane. La regione confinante di Zougdidi sarebbe sotto attacco e fonti russe ammettono un breve attacco da terra alla città di Senaki con lo scopo di distruggere una base militare.

Le autorità separatiste abkhaze hanno fatto affluire un migliaio di soldati nella regione mentre le forze di interposizione russe di stanza in Abkhazia, forti di 9.000 uomini e 350 blindati, hanno lanciato un ultimatum alle truppe georgiane affinchè depongano le armi. Ultimatum respinto da Tbilisi. In mattinata il presidente della Georgia, Michail Saakashvili, in collegamento da Tbilisi con la Cnn a Washington, aveva fatto sapere che «la Georgia non si arrenderà mai». Dopo aver ribadito le sue accuse nei confronti della «invasione» da parte della Russia, Saakashvili ha aggiunto: «La Georgia non si arrenderà mai. Perchè noi combattiamo per la nostra libertà e il prezzo da pagare tornando indietro sarebbe troppo alto. Vorrebbe dire la perdita della libertà».
Dal canto suo il Presidente della Repubblica separatista di Abkhazia ha affermato che «nessuna negoziazione avrà luogo prima della fine delle nostre operazioni militari» aventi lo scopo di «risolvere il problema di Kodori».

I leader di Abkhazia, Serghei Bagabsh, e Ossezia del sud, Eduard Kokoity, si sono accordati telefonicamente per chiedere in modo congiunto alla comunità mondiale il riconoscimento dell'indipendenza delle due repubbliche secessioniste georgiane. Lo riferisce la radio Eco di Mosca.
Le due repubbliche secessioniste intendono presentare alle organizzazioni internazionali una denuncia formale per genocidio nei confronti del popolo sudosseto. Lo ha detto il presidente dell'Ossezia del sud Eduard Kokoity all'agenzia Itar-tass. «Ci rivolgeremo a tutte le organizzazioni internazionali per far riconoscere il genocidio. Perdite così pesanti per un piccolo popolo sono irreversibili».

Il presidente dell'Ossezia del Sud Eduard Kokoity ha ripetuto oggi la sua richiesta di annessione alla Russia, già votata in un referendum sull'indipendenza nel 1992 e confermata in un altro referendum nel 2006. Lo riferisce l'agenzia Itar-Tass.

La diplomazia internazionale lavora per un cessate-il-fuoco definitivo e per ristabilire lo status quo. L'Unione Europea, per bocca del suo rappresentante per la politica estera Javier Solana, ha accolto con favore l'annuncio del Presidente russo Medvedev di interrompere l'offensiva contro la Georgia. «Solana ha accolto con favore la decisione, sottolineando l'importanza della pace e della stabilità nella regione precisando che l'Unione Europea e' pronta a dare il proprio contributo nella risoluzione della crisi», ha detto la sua portavoce.
Gli Occidentali sostengono comunque le ragioni della Georgia, come è evidente anche dalla stampa ufficiale poco incline a ricordare che l’azione militare su larga scala, in seguito a giorni di scaramucce e provocazioni reciproche, è cominciata per iniziativa del governo georgiano nella notte tra giovedì e venerdì scorsi.

Uno scontro diplomatico tra Stati Uniti e Russia senza precedenti recenti ha caratterizzato le riunioni straordinarie del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, convocato varie volte consecutivamente nel tentativo di trovare una soluzione diplomatica alla crisi in Georgia.
Gli USA hanno messo in guardia la Russia di fronte ad «importanti conseguenze» che potrebbero derivare da una escalation incontrollata del conflitto.
Il presidente degli Stati Uniti, George W. Bush, ha definito «inaccettabile la violenza» della Russia contro la Georgia e ha parlato di «reazione sproporzionata».
Tuttavia fonti diplomatiche americane, pur accusando la Russia, hanno ammesso le responsabilità georgiane nell’escalation del conflitto.

Da parte sua, il Primo Ministro russo Vladimir Putin ha accusato gli Stati Uniti di aiutare la Georgia a trasferire truppe scelte dall'Iraq alla zona di conflitto in Ossezia. «E' un peccato che alcuni dei nostri partner non ci aiutino, arrivando persino a mettere ostacoli. Mi riferisco alla evacuazione con aerei da trasporto militare degli Stati Uniti del contingente militare georgiano in Iraq fino praticamente alla zona di conflitto», ha denunciato Putin . Egli ha anche accusato l'Occidente di cinismo nel «presentare l'aggressore [Georgia] come una vittima di aggressione e addossare alle vittime [Russia] le responsabilità per le conseguenze».

Articoli di riferimento:
Guerra tra Russia e Georgia per il controllo dell’Ossezia del Sud
Chi sa dov'è l'Abkhazia?


Nessun commento: