domenica 24 agosto 2008

Due indipendenze che imbarazzano il Cremlino

I «parlamenti» dell'Abkhazia e della Sud-Ossezia - le due regioni secessioniste al centro del conflitto d'agosto fra Russia e Georgia - hanno chiesto di nuovo che il mondo in generale e la Russia in particolare riconoscano la loro indipendenza. La settimana prossima i due rami del parlamento russo discuteranno questa richiesta, e probabilmente la accoglieranno: a quel punto toccherà al Cremlino decidere per il sì o il no (il voto del parlamento non è vincolante).

Per il presidente Medvedev sarà una decisione difficile.
A favore di un sì ci sono la pressione dell'opinione pubblica russa e le impegnative dichiarazioni del presidente («rispetteremo in ogni caso la volontà degli abitanti...»). C'è poi il fatto, basilare, che la popolazione delle due regioni è inequivocabilmente ostile a ogni ipotesi di tornare sotto il controllo di Tbilisi; e c'è il precedente del Kosovo, che mette in difficoltà l'Occidente (perché il principio della difesa dell'integrità territoriale vale per gli amici degli Usa e non per gli altri?).
A favore di un no, d'altra parte, ci sono molte ragioni. C'è il rischio che la vicenda costituisca un pericoloso precedente in un paese comprendente centinaia di popoli, molti dei quali hanno mostrato di non gradire troppo il controllo di Mosca. C'è comunque il rischio di una reazione aspra occidentale, che si tradurrebbe in un isolamento delle due regioni, in una situazione di «illegalità internazionale» assai pesante; e c'è infine il rischio che per territori piccoli, poveri e spopolati come Abkhazia e Sud-Ossezia l'indipendenza resti solo sulla carta, dato che non ci sono le condizioni pratiche per realizzarla. Il Cremlino dovrebbe sobbarcarsi per intero il costo del mantenimento di due «Stati», senza neanche poter decidere liberamente in merito alla loro amministrazione (come si è visto negli ultimi anni, i governanti locali hanno mantenuto un grado di autonomia decisionale molto alto - il che, trattandosi di personaggi più simili a capibanda che a statisti, ha provocato problemi seri).
Molto più semplice e logica sarebbe un'integrazione di Abkhazia e Sud-Ossezia nella multinazionale Federazione russa. Anche le popolazioni interessate sarebbero favorevoli - se non altro perché ciò garantirebbe molto meglio la loro sicurezza e restituirebbe loro uno «status» internazionale. Ma è chiaro che un passo come l'annessione metterebbe Mosca in difficoltà rispetto alle sue stesse pretese di essere «dalla parte della legge»: tutta la vicenda apparirebbe solo un'operazione imperiale.
Medvedev potrebbe dunque semplicemente rinviare la decisione a una fase successiva, magari reclamando un negoziato internazionale sul futuro delle due regioni. Negoziato che difficilmente si terrà mai, perché l'Occidente non lo vuole: ma un esplicito e ripetuto rifiuto di avviare un negoziato o una conferenza internazionale fornirebbe al Cremlino a quel punto - magari fra un anno o due - l'alibi per decidere a comodo suo.


Tratto da:
Due indipendenze che imbarazzano il Cremlino di Astrit Dakli
su
il manifesto, Italia, 21 agosto 2008


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