Nel grande stadio comunale di Srinagar, capitale del Kashmir indiano, l'inno nazionale ha echeggiato nel vuoto. Oltre le autorità, solo tre civili sono andati ad assistere alle celebrazioni dell’anniversario della dell'indipendenza indiana, il 15 agosto scorso. Nel frattempo lo slogan "Viva il Kashmir libero!" riempiva le strade della città, invase dagli abitanti, dopo la sospensione di un coprifuoco che si è protratto per tre giorni. In segno di protesta, bandiere nere sventolavano in tutta la città, sospese le facciate di vecchi edifici costruiti in legno e mattoni, o aggrappate alle automobili. (continua a leggere)
In alcune località le forze di polizia subivano il lancio di pietre da parte di giovani manifestanti, i volti coperti di sale per proteggersi dai gas lacrimogeni. "Io preferisco morire per le strade gridando ‘Viva la libertà del Kashmir!’ piuttosto che sotto tortura e in silenzio, isolato in una cella di prigione", diceva Ahmed, un giovane dalle barba pulita e gli occhi iniettati di sangue. Intorno a lui i manifestanti, con la fronte dipinta di bandiere verdi e rosse, lanciavano pietre contro le forze dell'ordine urlando col pugno sollevato: "Gli Indiani sono cani!". In questi ultimi cinque giorni i disordini in Kashmir hanno provocato 23 morti. Da venerdì mattina i separatisti del Kashmir hanno davanti agli occhi la stessa bandiera verde. Quest'ultima ha sostituito il simbolo dei diversi partiti separatisti che hanno deciso di raggrupparsi.
Il simbolo di questa nuova unione è stato issato venerdì mattina in cima a un orologio, nel quartiere di Lalchowk, al posto della bandiera indiana tra grida di gioia. Davanti alla polizia impassibile i residenti, compresi bambini vestiti di nero, sono venuti per tutto il giorno a rendere omaggio al nuovo vessillo della rivolta del Kashmir.
"Il movimento separatista è rinato dalle sue ceneri", ha affermato Tahir Mohiudin, editore del settimanale urdu, Chettan, il che impossibile da prevedere fino a pochi mesi fa. Mirwaiz Umar Farooq, leader separatista, si stava preparando a trascorrere ancora qualche anno negli Stati Uniti per partecipare a un programma universitario sulla "gestione dei conflitti". "Non ho visto un movimento di tale portata per diciotto anni", testimonia Muzadeen Jaleel, corrispondente per il quotidiano nazionale Indian Express, di Srinagar.
La calma degli ultimi anni aveva dato l'illusione di pace fino a quando l'assegnazione di un appezzamento di 40 ettari perduto nei boschi del Kashmir a un pellegrino indù ha ridato fuoco alle polveri. Di fronte alla rabbia dei musulmani nel protestare contro la "colonizzazione" di parti del loro territorio, il governatore dello stato ha rovesciato infine la sua decisione.
gli estremisti indù protestano contro questo cambiamento e cercano di bloccare, dalla regione di Jammu dove gli Indù sono la maggioranza, l'unica strada che conduce al Kashmir. Anche se è stata riaperta dall’esercito i camion passano col contagocce. Non potendo consegnare le loro merci nel resto del Paese i produttori kashmiri di frutta e verdura sono a rischio di fallimento, e la regione non è più rifornita di prodotti di base.
Per solidarietà gli abitanti di un villaggio nei pressi di Srinagar forniscono cibo gratuito ai residenti della capitale. Degli autobus passano strombazzando nelle strade con a bordo dei manifestanti che gettano sacchetti di cipolle e riso ai passanti gridando slogan.
Bilal, un operaio di 21 anni, attende il passaggio di uno di questi autobus seduto sul bordo di un marciapiede: "Gli indù ci vogliono strangolare e il governo non fa nulla per sostenerci. Non contiamo più nulla per loro ". Il 12 agosto gli undici morti in scontri a Srinagar hanno avuto meno spazio in televisione della notizia della medaglia d'oro vinta dall’India nella prova di tiro alle Olimpiadi di Pechino. "E dire che è nel Kashmir che gli indiani sono i migliori tiratori", ironizza Bilal.
Nonostante l'avvio di un processo di pace con il Pakistan nel 2003, il popolo del Kashmir deve continuare a vivere con una massiccia presenza militare. Le forze di sicurezza sono regolarmente accusati di abusi.
Dopo il lancio di una insurrezione anti-indiana, 10.000 persone sono scomparse e 43.000 sono state uccise. Adesso ogni minimo incidente con i militari è immediatamente trasmesso da televisioni locali emerse di recente. Tanto che le autorità all'inizio di questa settimana hanno sospeso a due di loro il diritto di trasmettere per motivi legati alla "pacificazione nel Kashmir".
Il governo indiano si accontenta di fare appelli alla riconciliazione tra le parti indù e musulmana. Ma la coalizione di governo è riluttante a prendere decisioni per paura di mettersi contro una delle due comunità.
Il minimo sbaglio potrebbe costare la sconfitta alle elezioni nazionali, organizzate tra nove mesi, e alle elezioni regionali nello Stato di Jammu e Kashmir previste per la fine dell'anno.
Tratto da:
A Srinagar, l'Inde célèbre son 61e anniversaire dans le sang di Julien Bouissou
su Le Monde.fr, Francia, 17 agosto 2008
Tradotto da Bruno Picozzi
Articoli di riferimento:
La guerra di chi?
lunedì 18 agosto 2008
A Srinagar, l'India celebra il suo 61mo anniversario nel sangue
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