giovedì 25 settembre 2008

Ai Sunniti iracheni non va giù il disarmo

Sono passati più di cinque anni dall'invasione dell'Iraq da parte della Coalizione guidata dagli Stati Uniti. Dal 2003 a oggi le cose sono cambiate e del Paese che esisteva a marzo di cinque anni fa resta poco. Ma adesso, dopo più di un milione di morti e quattro milioni di profughi, la situazione volge verso un nuovo equilibrio.

E' troppo presto per tirare un sospiro di sollievo, ma dopo anni di violenza senza fine la situazione pare meno caotica. L'ex comandante in capo delle truppe Usa in Iraq, il generale David Petraeus, è stato indicato da molti come il principale fautore del miglioramento della situazione in Mesopotamia. Petraeus, che gode in patria di una considerazione tale da essere stato papabile per il posto da candidato vicepresidente fino all'ultimo minuto, ha chiesto e ottenuto una surge, un rinforzo di 30mila marines da dislocare in Iraq.

L'oggettivo miglioramento delle condizioni di sicurezza nel Paese, però, non sarebbe stato possibile senza le milizie al-Sahwa, i Sunniti del cosiddetto 'movimento del risveglio', o i 'figli dell'Iraq', come li chiamano gli Statunitensi. Si tratta di combattenti appartenenti a tribù sunnite che dopo l'invasione del Paese hanno lottato ferocemente contro gli Usa, non tanto perché fedeli a Saddam, ma perché convinti di restare schiacciati in un futuro stato dominato dagli Sciiti e dai Curdi. Nell'ultimo anno e mezzo, dopo un accordo di massima e l'incasso di tanti soldi, quasi 100.000 miliziani sunniti hanno combattuto al fianco dell'esercito e della polizia iracheni, alleati agli USA, contro le altre milizie ritenute legate ad al-Qaeda e composte per lo più da stranieri, arrivati in Iraq da tutto il mondo arabo dopo la caduta del regime.

Il meccanismo ha funzionato alla perfezione, in particolare nei quartieri misti di Baghdad, dove le milizie sciite avevano compiuto stragi immani in questi anni. I Sunniti, coordinandosi con la polizia irachena, hanno ripreso il controllo dei loro quartieri. Uno di questi è al-Adhamiya, per anni un focolaio di violenza fuori controllo, una vera e propria spina nel fianco degli Stati Uniti. La situazione, adesso, è sotto controllo. Ma non è detto che i risultati raggiunti siano destinati a durare. Il governo iracheno, in massima parte, è nelle mani degli Sciiti.

I vertici dell'esecutivo di Baghdad, fin dal primo momento, hanno visto le milizie sunnite con una certa diffidenza. Solo che tempo fa le milizie sciite erano fuori controllo e i 'movimenti del risveglio' tornavano utili. Riportata la situazione più o meno sotto controllo, il governo ha deciso di riprendere in mano la situazione e di mettere ordine tra questi miliziani ben armati (e ben pagati) dagli Usa che dominano i loro quartieri. E' al vaglio una legge che, nei prossimi giorni, dovrebbe portare al disarmo dei 'movimenti' per integrare i miliziani nell'esercito e nella polizia irachene. Ma si parla anche di una possibile campagna di repressione nei confronti di queste milizie, dal disarmo forzato all’arresto dei leader.

Gli USA, nonostante i buoni risultati ottenuti, non si oppongono. I miliziani del 'risveglio' sono degli eroi per molti concittadini, ma in tanti casi si sono segnalati per un atteggiamento da 'gang' che spadroneggia nei quartieri. Gli statunitensi, quindi, non sono affatto contrari a riportare le milizie sotto il controllo del governo, visto che la loro utilità è ridotta ora che la violenza è meno cruenta.

La novità, però, non garba affatto ai Sunniti in armi che, anche in un futuro prossimo venturo nel quale gli statunitensi si dovessero ritirare, contavano di mantenere le loro milizie per autodifesa da eventuali abusi degli sciiti. Inoltre, come sempre, la guerra è anche un business. E il disarmo significherebbe, almeno per i leader locali sunniti, la perdita di un'enorme quantità di denaro che a quel punto gli USA non verserebbero più a loro ma al governo centrale.

Negli ultimi giorni, proprio ad al-Adhamiya, si sono verificati episodi di violenza e scontri a fuoco come non si vedevano da tempo: due persone uccise nei pressi di un check-point domenica, un altro civile ucciso lunedì dall'esplosione di un'autobomba. Tensioni, inoltre, si sono registrate tra leader locali ed esponenti del governo negli ultimi giorni.
Bisognerà gestire bene la situazione, per evitare che quartieri come al-Adhamiya precipitino di nuovo nelle violenze settarie.

Tareq al-Hashemi, il personaggio che ha convinto le tribù sunnite ad unire le loro forze con i marines degli Stati Uniti nella lotta contro al-Qaeda, dice che ci sono speranze di una buona soluzione al problema. La sua carriera come leader politico tra i Sunniti dipende infatti dalla sua capacità di trovare un accordo per offrire “una vita onorevole alle milizie al-Sahwa”.

Appare difficile al momento che le milizie si facciano integrare nell’esercito. Il governo potrebbe piuttosto accettare di impiegare la maggior parte die miliziani con la qualifica di funzionari governativi salariati, sempreché accettino di disarmare.


Tratto da:
Ai sunniti non va giù il disarmo di Christian Elia
su PeaceReporter
, Italia, 25 settembre 2008
U.S.-sponsored Sunni militia face uncertain future di Farah al-Shamari
su Iraq Updates
, Regno Unito, 17 September 2008
tradotto da Bruno Picozzi


Articoli di riferimento:
Politica dell'Iraq - Wikipedia


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