mercoledì 10 settembre 2008

Un americano è il nuovo mediatore per il conflitto nel Sahara Occidentale

Il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, nominerà nei prossimi giorni come suo inviato personale per il Sahara occidentale il diplomatico americano Christopher Ross, 65 anni, secondo quanto riferito da fonti vicine ai negoziati tra il Marocco e il Fronte Polisario. Fonti diplomatiche delle Nazioni Unite sottolineano che con la nomina di Ross, che ha una vasta esperienza nel mondo arabo, gli Stati Uniti vengono coinvolti un po’ di più nella ricerca di una soluzione al conflitto nella ex colonia spagnola, che dura da 33 anni.

Ross è stato fino ad oggi il coordinatore della lotta contro il terrorismo del Dipartimento di Stato americano. Ex ambasciatore in Siria e Algeria, è stato anche a Beirut e Algeri in qualità di funzionario di rango inferiore, e nella città marocchina di Fez dove ha lavorato per l'Agenzia di Intelligence degli Stati Uniti (USIA). È stato anche professore di lingua araba presso la Columbia University e ha lavorato per il periodico Middle East Journal.

Ban Ki-moon si è affrettato a nominare un sostituto al diplomatico olandese Peter Van Walsum, al quale ha deciso di rinunciare alla fine di agosto. Questi aveva annunciato le sue dimissioni in un articolo pubblicato da EL PAÍS il 28 agosto scorso. Quando l'americano James Baker rassegnò le dimissioni nel 2004 da inviato personale, l'allora Segretario Generale, Kofi Annan, prese più di un anno per sostituirlo.

La nomina di Ross significa che Washington accetta un maggiore coinvolgimento nei negoziati tra Rabat e il movimento d'indipendenza saharawi che sono iniziati più di un anno fa a Manhasset, un sobborgo di New York, e che dopo quattro tornate non hanno dato frutti.

La designazione di Ross è relativamente una buona notizia per il Polisario che ha sempre desiderato che il mediatore delle Nazioni Unite fosse un americano perché i Saharawi hanno il sostegno dell'amministrazione statunitense, l'unica, secondo loro, in grado di esercitare una efficace pressione sul Marocco.

La partenza di Van Walsum è stata d’altra parte una cattiva notizia per Rabat. Il Ministro degli Affari Esteri marocchino, Taieb Fassi-Fihri, e il suo capo di spionaggio all’estero, Yassin Mansouri, si sono riuniti il 24 luglio scorso con Ban Ki-moon per chiedergli di mantenerlo in carica. Il capo della diplomazia spagnola, Miguel Angel Moratinos, ha anche espresso il suo pieno sostegno al diplomatico olandese il 4 agosto scorso a Tangeri.

Il leader del Polisario, Mohamed Abdelaziz, ha scritto tuttavia l'8 agosto una lettera a Ban Ki-moon, affermando che Van Walsum, con le sue dichiarazioni a favore del Marocco, aveva dequalificato la sua funzione e lo ha esortato a dimettersi in modo tale che i negoziati possano continuare presieduti da un’altra personalità. Un quinto round di negoziati è previsto per il prossimo autunno.

A porte chiuse, prima nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU in aprile, e in agosto sulle pagine di EL PAÍS, Van Walsum aveva affermato che l'indipendenza del Sahara Occidentale era irraggiungibile, la qual cosa aveva irritato gli indipendentisti. Egli aveva pure affermato, tuttavia, che la legalità internazionale è dalla parte del Polisario ma che il Consiglio di Sicurezza non è disposto a porre mano al capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite (possibile uso della forza) per imporla. Da qui il suo appoggio alla offerta di autonomia fatta da Rabat.

Il maggior coinvolgimento degli Stati Uniti non è garanzia di successo. L'ex segretario degli Stati Uniti, James Baker, è stato inviato personale per il Sahara per sette anni (1997-2004) e ha finito per dimettersi dopo che il Marocco ha rifiutato di attuare il suo piano di pace per l'ex colonia, che pure era stato approvato all'unanimità dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Il piano prevedeva uno statuto di autonomia di 5 anni a cui avrebbe fatto seguito lo svolgimento di un referendum di autodeterminazione su una base di censo del tutto favorevole a Rabat.


Tratto da:
La ONU elige a un diplomático de EE UU como mediador en el Sáhara di Ignacio Cembrero
su EL PAÍS
, Spagna, 10 settembre 2008
tradotto da Bruno Picozzi


2 commenti:

Anonimo ha detto...

Sulla questione del Sahara marocchino e commentando l'articolo intitolato “Onu/ Statunitense Ross sarà nuovo inviato nel Sahara occidentale” vorrei sottolineare quando segue:
1.Il Fronte polisario non rappresenta il popolo sahrawi ma rappresenta una piccola minoranza nel territorio algerino, la stragrande maggioranza sono cittadini marocchini vivono e partecipano attivamente nella vita marocchina;
2.Il Sahara occidentale, ex colonia spagnola è liberata dal Marocco nel 1975 grazie all'Accordo di Madrid registrato e riconosciuto dall'ONU;
3. l'Onu non riconosce il Polisario come movimento di liberazione alla pari dell'OLP per esempio, ma li accorda solo uno statuto di petizionario come una associazione o una ONG;
4.La Corte internazionale di giustizia dell'Aja riconosce il diritto del Marocco sul Sahara;
5. Il Fronte separatista è in totale contraddizione e non è credibile quando ha proclamato la fantoccia RASD, richiede l'autodeterminazione e l'organizzazione di un referendum;
6.Il Marocco non ha boicottato né osteggiato la consultazione referendaria, ma l'ONU stessa che è convinta dell'impossibilità dell'inapplicabilità del Referendum in Sahara Occidentale. L'ONU parla oggi di una soluzione politica;
7.Peter Van Walsum ha preso posizione chiara e coraggiosa dicendo che l'indipendenza del Sahara e irrealistica;
8.L'autodeterminazione non significa la separazione;
9.Benvenuto Sua Eccellenza Christopher Ross ma il Sahara è marocchino.

Yassine Belkassem

Bippi ha detto...

Questo blog non vuole essere un luogo di polemica e insulto ma di discussione. La polemica si fa con le opinioni, la discussione con i fatti. Benvenuto sia chiunque voglia lasciare un commento, ma si prega di corredare ogni commento delle fonti autorevoli da cui le informazioni sono tratte.

Mi vedo quindi costretto ad aggiungere alcune note al commento del sig Belkassem:

1. Il popolo Saharawi vive diviso tra i 4 campi profughi di Tindouf in Algeria (circa 150.000 persone) e il territorio del Sahara Occidentale (circa 70.000 persone), occupato militarmente dal Marocco nel 1975. Una minoranza innumerabile di Saharawi vive e lavora in Marocco.
I campi di Tindouf, dove vive la maggioranza della popolazione Saharawi, sono amministrati dalla Repubblica Araba Saharawi Democratica o RASD, corrispettivo politico del Fronte Polisario. (http://www.arso.org/CLAIHR.htm)

2. L’ONU non riconosce il dominio del Regno del Marocco sul Sahara Occidentale.
Il Sahara Occidentale è ufficialmente inserito dall’ONU nella lista dei lista dei territori non autonomi (http://www.un.org/Depts/dpi/decolonization/trust3.htm) e l’ONU mantiene in questo territorio dal 1991 una missione di pace, la MINURSO, con il mandato di “identificare e registrare gli aventi diritto al voto e organizzare e assicurare lo svolgimento di un referendum di autodoterminazione giusto e libero” (http://www.un.org/depts/dpko/missions/minurso/mandate.html).
Gli accordi di Madrid (http://www.gees.org/documentos/Documen-654.pdf) non trasferirono la sovranità della colonia spagnola al Marocco, come alcuni credono, ma istituirono la necessaria amministrazione temporanea del territorio a cui avrebbero dovuto partecipare Marocco, Mauritania e le autorità locali saharawi, le Djemaa, il cui parere avrebbe dovuto essere rispettato come da testo scritto.

3. L’ONU riconosce il Fronte Polisario in quanto soggetto politico e militare nella disputa sullo status del Sahara Occidentale, da cui la nomina di un inviato per mediare nei colloqui diretti tra le parti in causa, Marocco e Polisario appunto. Anche il Marocco riconosce il Polisario come interlocutore ufficiale o altrimenti non invierebbe delegazioni ufficiali ai colloqui. D’altra parte il Marocco non riconosce il Polisario in quanto rappresentante del popolo saharawi poiché non riconosce l’esistenza di un popolo saharawi ma ritiene i Saharawi parte del popolo marocchino.

4. Nell'ottobre del 1974, l'Assemblea Generale ONU decide il ricorso alla Corte Internazionale di Giustizia dell'Aja per un parere sulla questione seguente: "Il Sahara, al momento della decolonizzazione spagnola era un territorio di nessuno ? E se non lo era, quali erano i suoi legami giuridici con il Marocco e la Mauritania?"
Il rapporto della missione ONU composta da rappresentanti della Costa d'Avorio, Cuba e Iran, viene reso pubblico il 15 settembre 1975 e, a proposito dell'opinione della popolazione, rileva che "la quasi unanimità si pronuncia a favore dell'indipendenza e contro le rivendicazioni di Marocco e Mauritania", aggiungendo che "il Fronte Polisario all'arrivo della missione si è manifestato come la forza politica predominante nel territorio. Attraverso tutto il territorio la missione ha assistito a manifestazioni di massa in suo favore." La missione conclude con un'espressione a favore del referendum, rimandando alla Spagna la responsabilità per l'effettiva decolonizzazione.
La sentenza della Corte di Giustizia, nel proprio parere datato 16 ottobre 1975, afferma che il Sahara Occidentale non era terra di nessuno (terra nullius) al momento della colonizzazione spagnola e riconosce l'esistenza di legami giuridici di alleanza tra il Marocco e alcune tribù del Sahara Occidentale, così come con la Mauritania. Cionondimeno, la Corte conclude che non sussistono valide ragioni per non applicare la risoluzione ONU del 1960 sulla decolonizzazione e conferma la necessità del principio di autodeterminazione, attraverso una libera espressione della volontà delle popolazioni del territorio da esercitarsi con un referendum. In particolare si legge nella sentenza: “Court finds that neither the internal nor the international acts relied upon by Morocco indicate the existence at the relevant period of either the existence or the international recognition of legal ties of territorial sovereignty between Western Sahara and the Moroccan State.” (http://www.icj-cij.org/docket/index.php?sum=323&code=sa&p1=3&p2=4&case=61&k=69&p3=5)

5. La RASD è attualmente riconosciuta da 46 Stati nel mondo (http://en.wikipedia.org/wiki/Legal_status_of_Western_Sahara). La RASD è anche membro riconosciuto dell’Unione Africana (http://www.africa-union.org/root/au/memberstates/map.htm) mentre non lo è il Marocco, unico Paese africano ad essere escluso dall’Organizzazione proprio a causa del mancato svolgimento del referendum di autodeterminazione.

6. Il referendum non si è tenuto finora a causa dell’impossibilità di stabilire con esattezza chi siano gli aventi diritto al voto. Il Fronte Polisario ha sempre finito per accettare dapprima il criterio del censo spagnolo del 1974 e poi tutti i successivi cambiamenti imposti dai successivi accordi in sede di mediazione internazionale. Il Marocco non ha mai negato apertamente lo svolgimento di un referendum ma ha sempre chiesto ulteriori revisioni e aggiornamenti delle liste elettorali in un territorio desertico popolato da tribù, rendendo di fatto interminabile il lavoro della MINURSO. Questo è quanto risulta dalla lettura dei tanti reports disponibili sul sito dell’ONU (http://www.un.org/Docs/sc/).

7. Secondo il quotidiano spagnolo El País, Peter Van Walsum ha affermato che l'indipendenza del Sahara Occidentale è irraggiungibile. “Egli aveva pure affermato, tuttavia, che la legalità internazionale è dalla parte del Polisario ma che il Consiglio di Sicurezza non è disposto a porre mano al capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite (possibile uso della forza) per imporla. Da qui il suo appoggio alla offerta di autonomia fatta da Rabat.”

8. Autodeterminazione significa poter scegliere con libertà e giustizia il proprio status politico in un ventaglio di possibilità, tra le quali ricade anche la separazione. Questo secondo quanto stabilito dall’Alto Commissariato per i Diritti Umani, Raccomandazione Generale 21, paragrafo 4 (http://www.unhchr.ch/tbs/doc.nsf/0/dc598941c9e68a1a8025651e004d31d0?Opendocument).

9. Se il Sahara Occidentale sia marocchino o meno è giustappunto il soggetto della disputa, a causa della quale circa 11.000 persone sono morte e centinaia di migliaia soffrono varie forme di privazione.
Fa male vedere tanta sofferenza ridotta ad uno slogan.

Grazie
Bruno Picozzi