lunedì 22 settembre 2008

I maoisti iniziano la riforma nella Repubblica del Nepal

Il partito Comunista del Nepal (maoista) dirige ormai il governo del paese dell’Himalaya. Non è stato un cammino facile. Ha condotto per oltre 10 anni una guerra popolare rivoluzionaria che gli ha permesso di prendere il controllo dell’80% del territorio, ad eccezione della valle di Katmandou. È sulla base di questa realtà innegabile e delle sconfitte militari schiaccianti che ha inflitto all'esercito, che ha accettato di firmare un accordo politico con un'alleanza di sette parti che ha permesso la realizzazione di una serie di mobilitazioni popolari che hanno portato alla caduta della monarchia feudale che aveva governato il paese durante 240 anni.

Dopo la fine della monarchia, un governo provvisorio ha elaborato una costituzione, anche provvisoria e delle elezioni hanno finalmente avuto luogo, dopo due ritardi dovuti alle ritrosie dell'alleanza dei sette partiti nell’attuare alcuni aspetti dell'accordo in 22 punti firmato con i maoisti.

In queste elezioni, il PCN(M) è il partito che ha ottenuto il migliore punteggio con il 30% dei voti.

I partiti reazionari e “moderati” hanno subito un fallimento schiacciante, mascherato soltanto dall'adozione del sistema proporzionale, che ha garantito loro un numero sufficiente di seggi da costringere il PCN(M) ha venire a patti, che porta anche fino a compiere ogni manovra possibile per allontanarlo dal nuovo governo.

Questa situazione, che è durata quattro mesi, ha permesso al presidente della nuova repubblica del Nepal - la prima misura dopo le elezioni è stata l'abolizione della monarchia - sia un destro del congresso nepalese e che il vicepresidente sia un rappresentante della tribuna dei diritti del popolo Madhesi (FDPM) - che ha giurato, al momento della nomina, in hindi e non in nepalese, come è previsto nella costituzione provvisoria.

La FDPM è un'organizzazione d'origine induista che chiede un'ampia autonomia per la zona più ricca del paese, politicamente pro-monarchica e favorevole a mantenere i legami attuali con l'India. Non contenti di sottrarre le cariche principali dello Stato ai maoisti, i partiti reazionari ed i loro alleati socialdemocratici del Partito Comunista del Nepal - Unità Marxista-Leninista (PCN-UML) ha riformato la costituzione provvisoria perché il primo ministro possa essere sollevato da una maggioranza semplice dell'assemblea e non dai due terzi, come era stato deciso prima della vittoria elettorale maoista.

Ciò fa capire chiaramente cosa intendono fare di fronte alla volontà popolare quando è loro sfavorevole, e nello stesso tempo, i problemi che dovrebbe affrontare il PCN(M) se riuscisse a dirigere il governo, come è finalmente avvenuto.

Le alleanze in Nepal sono molto fragili e il motto potrebbe essere: “Tutto per il potere”. Gli alleati di ieri sono i nemici d'oggi ed i nemici d'oggi potranno essere gli alleati domani. Dopo essere stato battuto nell'elezione per le cariche di presidente e di vicepresidente, il PCN(M) ha deciso di non prendere la testa del governo, nonostante il suo innegabile trionfo elettorale e di mantenersi all'opposizione. Due settimane più tardi, ha cambiato posizione ed ha accettato di assumere la carico di primo ministro e formare un governo, dopo avere fatto un patto con i socialdemocratici del PCN-UML - il nome di quest'organizzazione non deve indurre in errore, hanno rinunciato da numerosi anni al marxismo leninismo, ed anche a qualsiasi tipo di marxismo, collaboravano con la monarchia nel suo periodo più duro, arrivando a presiedere un governo durato nove mesi, sostenevano fino in fondo le azioni dell'esercito contro la guerriglia maoista ed hanno una posizione assolutamente conservatrice su temi determinanti come la riforma agraria. La loro forza risiede esclusivamente nelle classi medie urbane - con la FDPM (che riconosce che la promessa maoista sull'autodeterminazione la interessa) e gli altri piccoli partiti con i quali, da allora, ha sempre mantenuto un'alleanza stretta.

Secondo l'accordo, il PCN(M) conterà nove ministri, il PCN-UML sei, la FDPM quattro e le altre formazioni secondarie, come Partito Comunista Unito del Nepal, Janamorcha Nepal e Sadbhawana ciascuno uno. Di conseguenza, se sarà permesso al PCN (M) di dirigere il governo senza inconvenienti, per almeno due anni, il tempo che la costituzione sia definitivamente elaborata e che nuove elezioni si tengano, ciò che si avrà in Nepal non sarà che una riforma, e non una rivoluzione, poiché i portafogli importanti come quello degli affari esteri o quello dell'agricoltura e cooperative restano alle mani dei madhesisti, mentre i socialdemocratici hanno ottenuto gli interni e l'industria. I maoisti hanno punti di resistenza i ministeri della difesa, delle finanze e del lavoro.

La formazione del nuovo esercito

Cosa ha condotto a questo rovesciamento totale dei maoisti? Fondamentalmente il timore di non potere assolvere uno dei principali obiettivi del PCN(M): la formazione di un nuovo esercito, con l'incorporazione nelle sue file della parte principale delle strutture dell'Esercito Popolare di Liberazione, il suo braccio armato durante la guerra rivoluzionaria.

Da quando nel novembre 2006, è stato firmato l'accordo con l'alleanza dei sette partiti, l'integrazione dell’APL nell'esercito nepalese è stata rifiutata varie volte, gli ex-guerriglieri, confinati in accampamenti sotto controllo dell'ONU, si trasformano praticamente in mendicanti. I ritardi nel pagamento del salario sono stati frequenti (non hanno percepito nulla da quattro mesi), la situazione sanitaria negli accampamenti è deplorevole, l'elettricità manca e malattie appaiono a causa delle situazioni sanitarie e d'igiene deplorevoli esistenti in questi campi in cui sono raccolti. Ciò che è si è cercato con questo tipo di rapporti d'affari, da parte della reazione e dei suoi alleati socialdemocratici, è che gli ex-guerriglieri rinuncino ad integrarsi nel nuovo esercito, e che abbandonino gli accampamenti, partendo alla ricerca di che vivere.

Secondo l'ONU, 19.602 ex-guerriglieri sono distribuiti in modo permanente in sette campi, (gli altri 12.000 li hanno lasciati a condurre attività politiche) e costituiscono il contingente che dovrebbe essere incorporato nel nuovo esercito nepalese.

Il Congresso Nepalese, il Partito Tradizionale dei cacicchi, dei proprietari terrieri e dei reazionari, che ha governato il Nepal da tempi immemorabili, aveva accettato inizialmente l'incorporazione degli ex-guerriglieri, come lo prevedevano gli accordi del novembre 2006, ma dopo la vittoria elettorale maoista, ha ritardato dicendo che questa incorporazione avrebbe luogo “a uno a uno, e dopo il superamento di prove fisiche e scritte, come qualsiasi altro candidato nell'esercito”. È, fino ad oggi, anche la posizione ufficiale dei generali dell'esercito. Inoltre, il CN ha fatto tutto il suo possibile perché il portafoglio della difesa non ritorni ai maoisti e ha proposto che siano i socialdemocratici del PCN-UML a detenerlo, proposta che non è stata male accolta da questi partigiani della tesi della possibilità, (l'alleanza con la destra ed i settori neoliberali come unica possibilità in un mondo globalizzato) e che sono considerati, e come, come “una sinistra corretta”, quella che non ha volontà rivoluzionaria e che si interessa soltanto a rendere il sistema più funzionale, nello stile del Cile della Bachelet o del Brasile di Lula.

Il PCN(M) aveva insistito sul fatto che solo un ministero della difesa controllato da esso, potrebbe organizzare il processo di formazione del nuovo esercito e considerava questo punto non soltanto non negoziabile, ma come un casus belli.

Gli spiriti negli accampamenti, sono molto surriscaldati e solo una soluzione di quest'affare può evitare una ripresa del conflitto. Tutti sono coscienti di ciò, ed è il motivo per cui ci sono stato questi cambiamenti d'alleanza sorprendenti e variabili, è la ragione principale per la quale il PCN(M) ha fatto retromarcia ed ha accettato di dirigere il governo. La sfida che affronta non è da meno.

Il primo ministro ha dato un termine di sei mesi perché l'integrazione sia terminata e ciò ha alleviato un po' gli spiriti negli accampamenti. Ma la sfiducia dei maoisti verso l'esercito è grande, poiché non hanno potuto ottenere la punizione o il pensionamento dei generali più implicati nella repressione monarchica e nei macelli durante la guerra popolare rivoluzionaria. Inoltre, l'esercito si è anche sistematicamente opposto a discutere qualsiasi riforma strutturale, durante questi due anni di transizione ed è soltanto ora, dinanzi all'evidenza, che si adatta a un tipo di negoziato.

In teoria, l'esercito si tiene calmo e non s’ingerisce nel processo politico, ma in pratica continua ad essere autonomo, sfuggendo ad ogni controllo democratico. Infatti, una delle istanze create dopo la firma dell'accordo di pace, il Consiglio di Sicurezza Nazionale, esiste soltanto sulla carta, si è riunito una sola volta in due anni e non si è mai riunito dalle elezioni d'aprile.

Tanto gli USA che l'India vedono nell'attuale esercito nepalese un appoggio solido per evitare che i maoisti prendano il controllo del paese (1). Perciò l'importanza della proposta maoista e la pressione che esercita, in questo senso, affinché i suoi combattenti siano incorporati nel nuovo esercito. Quest'incorporazione degli ex-guerriglieri implicherebbe una reale democratizzazione dell'esercito nepalese. Benché abbiano detto che obbedirebbero agli ordini del governo legittimo, i capi dell'esercito resistono ferocemente alla prospettiva di perdere i loro privilegi, adducendo che l'incorporazione degli ex-guerriglieri implicherebbe “un indottrinamento politico”. E questo lo dicono senza arrossire, mentre per decenni la principale missione dell'esercito nepalese è stata di difendere la monarchia. Non è dunque stupefacente che in Nepal, ed in modo speciale a Katmandou, voci circolano, interessate o no, di una ribellione imminente nell'esercito, nel caso in cui l'incorporazione avesse luogo senza che sia rispettato le condizioni che vi mette: a uno a uno.

Il generale comandante lo ha detto bene chiaramente: “il primo ministro deve capire che i tentativi di rompere la catena di comando non saranno tollerati e che, quindi, ci sarà un confronto inaccettabile” (2), dal nuovo ministero di difesa si gli si è risposto che “la decisione sull'integrazione non appartiene all'esercito, ma al governo scelto dal popolo” (3).

Minaccia fittizia o reale - non occorre dimenticare che l'esercito nepalese è stato battuto militarmente dalla guerriglia, benché questi ultimi tre anni abbia potuto rifornirsi e migliorare la sua preparazione grazie all'aiuto fornito dagli USA, dalla Gran Bretagna e dall'India - i sintomi non sono buoni e li PCN (M) può accettare una soluzione intermedia, una parte dei suoi effettivi che va nell'esercito ed il grosso delle truppe nella polizia, in un processo simile a ciò che è avvenuto in Salvador, quando la guerriglia del FMLN è stata incorporata soltanto nella polizia e non nell'esercito, benché in cambio si sia deciso una riduzione degli effettivi di quest'ultimo.

I maoisti propongono che l'esercito del Nepal riduca i suoi effettivi dai 90.000 uomini attuali a 50.000. Secondo la costituzione provvisoria (articolo 145) è il Consiglio di sicurezza nazionale che controlla “la mobilitazione, l’operatività e l'impiego” dell'esercito. Il CSN è presieduto dal primo ministro, ed è composto dal ministro della difesa e da tre altri ministri nominati dal primo ministro. Non è così perché, nella tradizione del Nepal, l'esercito ha sempre agito a piacimento, dipendendo soltanto dal Palazzo Reale. Il ministero della difesa ha sempre avuto un ruolo puramente decorativo. Un esempio che le relazioni con l'esercito siano tese è stato fornito in occasione del giuramento del dirigente supremo maoista, di Pushpa Kamal Dahal “Prachanda”, come primo ministro: la scorta non è stata formata da effettivi dell'esercito o della polizia, ma dai combattenti dell'esercito popolare di liberazione. Una risposta dei maoisti agli avvertimenti del capo dell'esercito, certamente.

“Il negozionismo” del PCN(M)

I maoisti hanno assunto un atteggiamento moderato e consensuale, coscienti che l’establishment di Katmandou e le forze monarchiche faranno tutto ciò che possono per rallentare la transizione verso una democrazia stabile, egualitaria, repubblicana e laica. Ne consegue che il PCN(M) parli d’iniziare un processo di riforme in Nepal, e non una rivoluzione. Questo processo di riforme può vedersi nell'accordo sostenuto dai maoisti, e che riguarda aspetti come la lotta contro la corruzione, il nepotismo ed il favoritismo nelle diverse sfere governative, fenomeni che sono responsabili dell'aumento disastroso dei prezzi dei prodotti alimentari di base come il riso (che è aumentato del 13,5% quest’anno), l’olio ed il burro di bufala (+ 18,8%). Soltanto questi prodotti assorbono il 52% delle spese abituali dei nepalesi.

Il compito che i maoisti affrontano è enorme ed il cammino non è né facile né breve. Tuttavia, nel cuore del partito è emerso un certo dibattito su ciò che nell'organizzazione maoista è chiamato “negozionismo”. Il marxismo accetta la possibilità di raggiungere dei compromessi per ottenere alcuni obiettivi, ma considera impossibile attuare con successo la rivoluzione con troppi compromessi ed è ciò che fa dibattere, oggi, all'interno del PCN(M). I maoisti hanno sciolto la maggior parte dei loro governi locali, che hanno operato durante il periodo della guerriglia, come pure i tribunali popolari. Le cooperative, i comuni e le istituzioni sanitarie ed educative sono più deboli ora, che non durante la lotta di guerriglia. E, con un’ultima decisione, la chiave per raggiungere l'accordo che ha permesso loro di prendere la testa del governo, hanno sciolto la struttura militare che inquadrava i loro giovani. Un settore importante del partito ritiene a che ci siano state troppe concessioni, in un lasso di tempo così breve.

Il compito del PCN(M) nel nuovo governo dovrà essere di riprendere la guida o altrimenti si potrà dire che la rivoluzione è terminata in Nepal. Ma occorrerà attendere il seguito degli eventi e vedere il margine di manovra di cui potrà disporre. È ovvio che la prova sarà il nuovo esercito.

I maoisti indiani

Tutto il processo nepalese è stato seguito da molto vicino dai maoisti indiani. Benché la loro lotta sia praticamente sconosciuta in occidente, i maoisti indiani conoscono una crescita politica e militare costante ed estendono la loro influenza in diversi stati del paese. Sono attivi in 14 dei 28 stati dell'Unione indiana (Chatisgarh, Jharkhand, Uttar Pradesh, Asma, Uttaranchal, Kerala, tamil Nadu, Bengala occidentale, Gujarat, Andhra Pradesh, Madhya, Orissa, Maharashtra et Bihar), cosa che, in cifre, significa che in 182 zone, sui 602 che conta il paese, sono i maoisti che controllano la situazione (4). Va notato che nell’aprile scorso si riteneva che operassero in 165 zone. Ciò indica una progressione inevitabile, che ha luogo non soltanto nelle campagne ma inizia a manifestarsi nelle città, in particolare nelle zone operaie ed industriali di Delhi, Mumbai, Pune e Jammu, in cui alternano le azioni di propaganda e le azioni armate.

I maoisti indiani (naxaliti) (5) sostengono in modo prudente il PCN (M), benché l’abbiano avvertito di non entrare nel governo e l’abbiano invitato a proseguire la lotta di classe in Nepal, senza la minima conciliazione con le oligarchie.

In una risoluzione, il Comitato centrale del Partito Comunista dell'India (maoista) ha salutato il trionfo elettorale dei maoisti nepalesi come “un verdetto contro la monarchia feudale, l'espansionismo indiano ed l’imperialismo USA”. Sperano che il PCN (M) mantenga i suoi impegni nel rivedere i trattati firmati tra l'India ed il Nepal, fin dal 1950, sempre favorevoli all'India. Ed hanno salutato come un gesto “coraggioso” il fatto che il primo paese visitato dal nuovo primo ministro, sia stato la Cina e non l'India, come si era fatto tradizionalmente, segnando così un dipendenza minore, dai governi precedenti, verso i vicini indiani.

Note:
(1) Alberto Cruz, 2065, el comienzo del nuevo Nepal”
(2) The Katmandu Post, 12 août 2008 .
(3) The Himalayan Times, 28 août 2008.
(4) The Hindu, 23 août 2008.
(5) Lire F. Giudice, «Tonnerre de printemps»: Naxalbari, 25 mai 1967


Tratto da:
Los maoístas inician la reforma en la República de Nepal di Alberto Cruz
su CEPRID, Spagna, 2 settembre 2008
tradotto da Alessandro Lattanzio per Eurasia


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