lunedì 15 settembre 2008

Un fragile accordo fa sperare lo Zimbabwe

Durante una cerimonia pubblica il Presidente dello Zimbabwe Robert Mugabe e il suo rivale Morgan Tsvangirai hanno firmato oggi, 15 settembre, l’accordo per un governo di unità nazionale, dopo cinque lunghi mesi di violenze e negoziati. L’accordo è stato anche firmato da Arthur Mutambara, leader di una piccola fazione dissidente all’opposizione, alla presenza del Presidente Sudafricano Thabo Mbeki, mediatore ufficiale tra i due principali contendenti.

Al momento della firma il Presidente Mugabe, 84 anni di età die quali gli ultimi 28 al potere, è stato accolto da grandi manifestazioni di gioia da una parte della sala. Il suo oppositore Tsvangirai ha invece ricevuto l’applauso di una maggioranza die deputati. Chi l'ha spuntata, Mugabe o Tsvangirai? Dopo la firma dell'accordo di pace in Zimbabwe, raggiunto ufficiosamente lo scorso giovedì tra il presidente Robert Mugabe e il leader dell'opposizione, Morgan Tsvangirai, la domanda tiene ancora banco. La formazione di un governo di unità nazionale, in cui saranno rappresentati sia lo Zanu-PF del capo di stato che il Movement for Democratic Change di Tsvangirai, non ha risolto i dubbi su una divisione dei poteri che lascia molti punti oscuri. E che rischia di compromettere il già difficile ritorno alla normalità del Paese.

A ormai quattro giorni di distanza dall'annuncio dell'accordo che pone fine a cinque mesi di crisi politica, gli analisti si chiedono chi sarà da oggi in avanti il vero leader dello Zimbabwe: Tsvangirai, che è riuscito a ottenere la guida del gabinetto di governo e la maggioranza dei ministri per il suo MDC? O Mugabe, il quale resta a capo delle forze armate e guiderà un non meglio identificato Consiglio di Stato, che dovrà "supervisionare" i lavori del gabinetto? E in caso di (probabilissimo) disaccordo tra i due, chi avrà l'ultima parola? Inoltre l’accordo prevede la soppressione del potente Ministero per la Sicurezza dello Stato ma ancora non si sa chi guiderà i servizi segreti.

Su tutte queste questioni il mediatore sudafricano Thabo Mbeki, ansioso di raggiungere un accordo per puntellare la sua figura politica traballante in patria, ha preferito sorvolare, rimandando i particolari a una conferenza stampa in programma oggi. Ma il legittimo dubbio è che, volendo trovare un accordo a qualsiasi costo per giustificare settimane di colloqui, si sia attuata una divisione di poteri che potrebbe ingarbugliare ancora di più una situazione politica già difficile.

Fino alla scorsa settimana, Mugabe rassicurava i suoi sostenitori dicendo che non avrebbe mai permesso al MDC di governare il Paese; mentre Tsvangirai ha ripetuto per settimane che "è meglio nessun accordo che un cattivo accordo". Entrambe le promesse sono state abbandonate in nome della realpolitik, col rischio però di trasferire all'interno del governo i contrasti quasi insanabili tra i due leader politici. Dato il carattere confuso e generico dell'accordo, è probabile che l'equilibrio tra i due verrà cercato nella ordinaria gestione delle questioni governative, ma molto dipenderà anche dall'assegnazione dei vari dicasteri: il MDC (che ha ottenuto il controllo della polizia mentre l'esercito rimarrà sotto lo Zanu-PF), spera di aggiudicarsi i ministeri di Interni, Giustizia e Finanze.
In definitiva il MDC ha tredici ministeri contro i quindici dello Zanu-PF, ma altri tre sono in mano alla piccola fazione di Mutambara, anch’essa opposta a Mugabe.

Gli analisti dicono che si tratta di un accordo molto fragile e molto resta ancora da fare. Difficile infatti che gli investitori internazionali decidano di tornare nel Paese senza concrete garanzie di stabilità politica. Lo stesso discorso vale per gli aiuti economici, congelati negli anni scorsi per protesta contro la gestione autoritaria del potere da parte dello stesso Mugabe. Lo Zimbabwe, alle prese con un'inflazione che ha raggiunto anche il 15.000.000 percento e con una disoccupazione all'80 percento, non si può più permettere di rimanere ostaggio delle lotte politiche. Anche perché, entro due anni, le parti si dovranno accordare per scrivere una nuova Costituzione e organizzare nuove elezioni.
L’Unione Europea mostra prudenza e ha deciso di non modificare al momento le sanzioni imposte a Mugabe.


Tratto da:
Lo Zimbabwe tra speranze e paura di Matteo Fagotto
su
PeaceReporter, Italia, 13 settembre 2008
Zimbabwe : signature d'un accord pour un gouvernement d'union
su
Le Monde.fr, Francia, 15 settembre 2008
tradotto da Bruno Picozzi


Articoli di riferimento:
Zimbabwe, seggi aperti per il voto. Tsvangirai: "Giorno di vergogna


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