mercoledì 24 settembre 2008

La Serbia all'ONU contro l'indipendenza del Kosovo

"Non riconosceremo mai l'indipendenza di Pristina". Così si è pronunciato il leader serbo Boris Tadic, a poche ore dall'apertura della 63ma Assemblea generale dell'ONU, all'interno della quale due funzionari serbi chiederanno il via libera, per avanzare di fronte alla Corte Internazionale di Giustizia la questione della legalità della dichiarazione unilaterale di indipendenza del Kosovo. "Tuttavia, con questo nostro non riconoscimento si aprono nuove possibilità per risolvere la questione con mezzi politici e diplomatici, evitando la violenza e le aggressioni degli scorsi due decenni", ha aggiunto Tadic, facendo intendere la sua ferma volontà di procedere di far mettere ai voti la sua risoluzione il prima possibile.

La Serbia vuole rafforzare la sua tesi, per cui la secessione di Pristina non ha basi di diritto internazionale, trasferendo, quindi, la questione del Kosovo dal terreno della politica a quello del diritto. Anche se un'eventuale vittoria all'Aia [Corte Internazionale di Giustizia, la cui funzione è dirimere le dispute fra Stati membri delle Nazioni Unite che hanno accettato la sua giurisdizione, ndr] non avrebbe alcun effetto legale, "avrebbe comunque una forza straordinaria". "Se i politici serbi dicono che l'indipendenza del Kosovo è illegale o se lo dice la Corte Internazionale non è la stessa cosa: la differenza è drammatica", ha dichiarato il professore di diritto internazionale Tibor Varadi, che all'Aia ha rappresentato Belgrado, nella causa per genocidio intentata e persa dalla Bosnia-Erzegovina.

A questo punto, la partita si gioca sui voti, soprattutto sulle astensioni. "Se qualche Paese si astiene dal voto nell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, le possibilità della Serbia di far pronunciare la Corte Internazionale di Giustizia sulla legalità dell'indipendenza del Kosovo aumentano", ha sottolineato Varadi. Al Palazzo di vetro potrebbe così rivelarsi cruciale la posizione del mondo arabo e dei Paesi islamici, in bilico tra il non-voto e il pressing delle cancellerie occidentali.

Se la questione dovesse arrivare alla Corte, la Serbia, già solo riuscendo a sollevare il ricorso, raggiungerebbe un grande obiettivo, "congelare" il processo di riconoscimento internazionale del Kosovo e il parere dei giudici dell'Aia non arriverebbe comunque prima di 9-12 mesi.

La comunità internazionale si divide. Se sul fronte dell'astensione si trovano le nazioni della Lega Araba e i Paesi dell'Organizzazione della Conferenza Islamica, i principali sponsor dell'indipendenza del Kosovo puntano a bloccare l'iniziativa diplomatica della Serbia, evitando di allungare i tempi. Anche il Consiglio di Sicurezza si è spaccato sulla questione: sicuro il sostegno di Cina e Russia, mentre Gran Bretagna e Usa non gradiscono affatto l'iniziativa di Belgrado. E spaccata è anche l'Unione Europea, che proverà comunque nella riunione dei ministri degli Esteri dei 27, prevista per domani, a concordare una posizione unitaria, con cui presentarsi al palazzo di vetro.

Tra gli intransigenti dell'UE, c'è la Francia, che, tramite il suo capo della diplomazia, Bernard Kouchner, ha fatto presente alla Serbia che "così si potrebbe rallentare il cammino del Paese verso l'integrazione europea". Allo stesso tempo, i sei Paesi UE che non hanno avallato l'indipendenza di Pristina, Spagna, Romania, Grecia, Cipro, Slovacchia, Malta e Portogallo, spingono perché tutta l'Unione Europea voti ora a favore del ricorso serbo.


Tratto da:
All'Onu la Serbia contro l'indipendenza del Kosovo di Natascia Maisano
su Agenzia Radicale
, Italia, 23 settembre 2008


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