giovedì 9 ottobre 2008

Elezioni anticipate in Ucraina per uscire dallo stallo politico

Il presidente ucraino Viktor Yushchenko ha fissato al 7 dicembre le prossime elezioni politiche anticipate, dopo aver annunciato ieri lo scioglimento del Parlamento. Le elezioni sono state convocate con un decreto presidenziale pubblicato oggi sul sito web della presidenza.
L'Ucraina torna alle urne per eleggere, per la terza volta in tre anni, i deputati della Rada, il parlamento.


La rivalità fra gli ex alleati della 'rivoluzione arancione' filoccidentale, il presidente Viktor Juščenko e la premier Iulia Timošenko, ha affondato la coalizione democratica faticosamente creata dopo le elezioni dello scorso autunno, e nessuno dei due è riuscito a trovare intese con la formazione di maggioranza relativa, il Partito delle regioni del filo-russo Viktor Ianukovic.

La decisione formale dello scioglimento della Rada è stata resa nota ieri in tarda serata con un messaggio televisivo alla nazione di Juščenko, registrato e diffuso mentre il presidente si trovava a Roma in visita ufficiale. e poco tempo dopo la fine dei colloqui con il presidente del consiglio italiano Silvio Berlusconi.

«In conformità con la Costituzione ucraina sospendo i poteri del Parlamento e indico elezioni parlamentari anticipate - ha dichiarato il capo dello stato nel messaggio registrato - Il voto si svolgerà in modo democratico e legale».

Prima della partenza per Roma Juščenko era sembrato invece propenso a prendere tempo dopo che la portavoce presidenziale Irina Vannikova aveva annunciato l'imminente ricorso alle urne, affermando che «tutti i partecipanti alle consultazioni si sono pronunciati per elezioni anticipate».

Ma dalle dichiarazioni degli altri partiti, si era evinto che in pratica il solo partito di Juščenko 'Nostra Ucraina' era favorevole al ricorso agli elettori. La premier Iulia Timošenko aveva detto di non volerlo e Ianukovic si era espresso sulla stessa lunghezza d'onda, così come il democratico indipendente Vladimir Litvin e i suoi fedeli.

Il fallimento delle trattative si era consumato in una burrascosa riunione nella quale la premier, ex alleata e ora rivale di Yushenko, aveva affermato che «non ci sono soldi in bilancio da sprecare in elezioni» nè si può continuare «a tenere la vita politica in ostaggio» dello spettro elettorale.
Dello stesso avviso Ianukovic, che aveva addossato a Juščenko la responsabilità della chiamata alle urne.

Al termine della riunione, Juščenko aveva detto di voler «concedere ai parlamentari i termini per elaborare proposte su come uscire dalla crisi», prima di firmare il decreto per le elezioni presidenziali anticipate. Per uscita dalla crisi, aveva precisato, si intendono emendamenti alla legge elettorale per garantire al vincitore la possibilità di governare, e il reperimento nel bilancio dei fondi per finanziare la consultazione.

Juščenko aveva accusato Timošenko di non aver «sfruttato le potenzialità di rinascita della coalizione democratica», aggiungendo per soprammercato che «il 2 settembre (giorno dell'approvazione di emendamenti riduttivi delle prerogative presidenziali votati anche dalla Timošenko, ndr) è avvenuto un tradimento della democrazia e degli ideali». La sola via d'uscita, aveva concluso, «sono elezioni politiche anticipate, anche se rappresentano uno strumento meno democratico del parlamento».

Non è ancora stata definita la data delle elezioni. La stampa russa, in particolare il quotidiano 'Kommersant' , malignava stamani sul fatto che Juščenko si preparasse in giornata a fare il «grande annuncio» del fallimento delle trattative con il conseguente scioglimento del parlamento perchè « vuole andare al voto all'inizio del gennaio 2009, quando saranno evidenti a tutti gli elettori le conseguenze dei rincari del prezzo del metano che l'Ucraina acquista dalla Russia».

I retroscena

La coalizione “arancione”, messa insieme il 29 novembre 2007 dopo le elezioni parlamentari anticipate, è andata a pezzi meno di un anno dopo, il 2 settembre 2008. La coalizione poggiava su basi fragili fin dall'inizio, perché poteva contare solo su una sottilissima maggioranza con 228 deputati al Parlamento (la Verchovna Rada). In quelle elezioni, che erano anche state significativamente manipolate al fine di assicurare una maggioranza pro-occidentale, il blocco di Julija Timošenko ottenne 156 seggi e il blocco “Nostra Ucraina – Autodifesa del Popolo” del Presidente in carica, Viktor Juščenko, 72 seggi, per un totale appunto di 228 seggi. Secondo la Commissione Elettorale i partiti d'opposizione ottennero rispettivamente 175 (“Partito delle Regioni” di Viktor Janukovič, considerato a Occidente un partito pro-russo) 27 (Partito Comunista) e 20 seggi (“Blocco Popolare Litvin”), per un totale di 222 deputati. Il parlamento ucraino è costituito da 450 seggi.

Julija Timošenko era stata eletta Primo Ministro, e dunque capo del governo, succedendo così al governo Janukovič. Gli occidentali avevano allora trionfalmente annunciato che questa coalizione tra il Presidente ucraino, pro-occidentale al 100%, e la signora Timošenko avrebbe aperto all'Ucraina le porte dell'Unione Europea e della NATO, e che il processo d'adesione avrebbe perfino potuto avere tempi brevi. Ma si erano fatti i conti senza il popolo ucraino. La stessa signora Timošenko ha dovuto prendere atto dell'atteggiamento ampiamente negativo degli ucraini nei confronti dell'Unione Europea e della NATO. Per questo durante la campagna elettorale si è impegnata solennemente a subordinare l'adesione dell'Ucraina alla NATO a un referendum. Diciamo a suo merito che ha finora mantenuto la promessa. Lo stesso vale per l'ingresso del paese nell'Unione Europea.

Su questo punto si è dunque opposta dall'inizio al suo alleato di coalizione. Ma le loro divergenze non si fermano qui. Derivano anche dalla politica economica e sociale della signora Timošenko, che fa da ostacolo alla rapida introduzione della politica neoliberista promossa da Juščenko. Anche qui la signora Timošenko era legata alle proprie promesse elettorali, un ampio ventaglio di proposte per una sostanziale accelerazione della ripresa economica, dalla quale doveva trarre profitto soprattutto la popolazione con l'aumento dei salari, delle pensioni, dei sussidi familiari e di altri benefici sociali. Julija Timošenko non era neanche del tutto compatibile con la politica anti-russa del Presidente, ritenendo che solo la collaborazione con la Russia, e non una politica anti-russa, avrebbe garantito all'Ucraina la prosperità. Poiché la signora Timošenko punta a succedere a Juščenko nelle prossime elezioni presidenziali e per questo deve adottare una posizione che la distingua dal suo avversario e le permetta di ottenere i voti degli ucraini, è per lei fondamentale continuare a ribadire che l'ingresso dell'Ucraina nella NATO e nella UE sarà deciso soltanto attraverso un referendum.

Le principali cause del disaccordo tra la signora Timošenko e l'attuale Presidente ucraino Juščenko sono da ricercare nella condotta anticostituzionale di quest'ultimo, il quale – come aveva già fatto ai tempi del governo Janukovič – ha creato un governo parallelo al gabinetto Timošenko. Si tratta del Segretariato presidenziale e del Consiglio per la Difesa e la Sicurezza nazionale, sotto la direzione del Presidente: hanno personale sufficiente per funzionare come organi governativi, il che conduce di fatto a una situazione di doppio governo. Grazie ai poteri effettivamente conferitigli dalla Costituzione ucraina e a quelli che si è ulteriormente arrogato, il Presidente Juščenko ha ostacolato e reso in parte impossibile il lavoro del governo Timošenko. Per un anno le decisioni del governo sono state minate dal Presidente e il suo veto ha impedito l'adozione da parte del Parlamento di molte leggi importanti. Poiché Juščenko e il suo partito non possono contare che sul 5-8% dei voti e le probabilità di rielezione del Presidente sono prossime allo zero, Juščenko governa per mezzo di Ukaz (ordini), come l'ultimo che pone sotto il suo controllo personale il finanziamento dell'esercito.

La diffamazione sistematica di Julija Timošenko, compresa l'insinuazione che non abbia le capacità mentali necessarie a governare, e le accuse di alto tradimento che vengono dalla cerchia presidenziale e che le attribuiscono accordi segreti con la Russia, sono mirate a indebolire il governo e la grande popolarità di cui gode la signora Timošenko.

La rottura tra lei e Juščenko era da tempo prevedibile. È diventato sempre più evidente che la signora Timošenko e il suo partito erano ormai scontenti della situazione. L'ora del contrattacco parlamentare è suonata il 2 settembre, sulla scia della guerra della Georgia contro l'Ossezia del Sud, anche se non è stata questa la causa principale della rottura.

Dopo le vacanze parlamentari estive, il 2 settembre il Parlamento ucraino ha tenuto la prima seduta della nuova sessione (la terza). Quel giorno è riuscito per la prima volta dopo dieci mesi a eleggere i vice presidenti del Parlamento. Fino a quel momento un uomo di Juščenko, Аrsenij Jacenjuk, si era arrogato praticamente il ruolo di esclusivo portavoce (Presidente) del Parlamento. Questa volta Oleksandr Lavrinovič del “Partito delle Regioni” e il rappresentante del blocco Timošenko Mikola Tomenko hanno potuto essere eletti rispettivamente primo vice e vice del Presidente del Parlamento. (Tomenko era già stato vice di Oleksandr Moroz, Presidente del Parlamento fino al novembre 2007). Sembrava che la seduta parlamentare potesse svolgersi senza conflitti e l'attività legislativa continuare normalmente. Per esempio è stata sottoposta al voto una legge destinata ad accrescere le attrattive del lavoro in miniera, aumentando il salario minimo dei lavoratori e accordando loro altri aiuti finanziari, legge che è stata approvata con 446 voti su 450. Il giorno dopo è stata la volta di una legge che istituiva un salario minimo garantito. È passata senza problemi anche una emendamento alla legge fiscale. Poi c'è stata la rottura.

Il 2 settembre il blocco di Julija Timošenko ha sottoposto al Parlamento diversi progetti di legge mirati a limitare i poteri del Presidente, e che hanno ricevuto più dei due terzi dei voti. La signora Timošenko ha fatto riferimento a impegni e promesse fatti varie volte da Juščenko prima della sua elezione nel 2004 (che si ricorderà per la cosiddetta “rivoluzione arancione”). Un emendamento alla legge che disciplina i ministeri doveva limitare i poteri del Presidente, aumentando quelli del Parlamento e del governo nominato da quest'ultimo. In altre parole, la nuova legislazione ridistribuiva i poteri a favore del Governo, per esempio per quello che riguarda il diritto di nominare il Ministro degli Esteri, il Ministro della Difesa e il capo dei servizi segreti. Il diritto del Presidente a sciogliere il governo a proprio piacimento gli era stato già tolto nel corso della precedente legislatura (2005-2007). Il 2 e il 3 settembre è stata anche adottata una legge per la creazione di una commissione d'inchiesta incaricata di istruire una procedura di impeachment contro il Presidente, nonché una legge relativa ai servizi segreti e alcune modifiche a leggi che disciplinano la Corte Costituzionale. In questo contesto è stato anche eletto il capo dei servizi segreti. Fino a quel momento e temporaneamente il capo dei servizi segreti era stato nominato dal Presidente, che non aveva nemmeno chiesto il consenso del Parlamento previsto dalla Costituzione. Tutte le leggi e le decisioni sono state approvate dal blocco Timošenko, dal Partito delle Regioni e dal Blocco Litvin, ossia con maggioranze di più di due terzi del Parlamento (300 voti): il Partito delle Regioni, il blocco Timošenko e il Blocco Litvin hanno messo insieme tra i 370 e i 378 voti, il che secondo la Costitzione ucraina attualmente in vigore impediva il veto presidenziale.

Si è votata anche una legge per la creazione di una Commissione per la guerra nel Caucaso, con il compito di esaminare tra le altre cose le forniture d'armi alla Georgia effettuate per ordine del Presidente, iniziativa incostituzionale perché spetta al Parlamento. Le sedute del Parlamento durante le quali sono state dibattute e approvate queste leggi sono state presiedute dal primo vice Lavrinovič, poiché il Presidente del Parlamento Jaceniuk, fedele al Presidente Juščenko, si è assentato per due giorni a partire dal 2 settembre. In seguito Jaceniuk ha presentato le dimissioni, dimissioni che nel frattempo ha ritirato.

È evidente che a questo punto c'è un'ampia maggioranza – i due terzi del Parlamento – che si oppone al Presidente e al suo partito. Solo il partito presidenziale “Nostra Ucraina – Autodifesa del Popolo” ha votato contro le leggi mirate a estendere i diritti del Parlamento e dunque a rafforzare la democrazia.

In seguito a ciò il partito «Nostra Ucraina – Autodifesa del Popolo” ha deciso già il 2 settembre con voto maggioritario di lasciare la coalizione. Aspetto interessante, la maggioranza dei membri dell'“Autodifesa del Popolo” era contraria. Alcuni fautori della linea dura nel partito presidenziale avevano accusato la signora Timošenko di voler instaurare una dittatura. L'assurdità di questa accusa è palese: è evidente che il Parlamento vuole ampliare i diritti delle istituzioni parlamentari e dunque anzi si oppone a una dittatura presidenziale.

Come si è evoluta la situazione? Julija Timošenko ha lanciato vari appelli al Presidente e al suo partito, chiedendo loro di fare ritorno incondizionatamente nella coalizione. Juščenko ha respinto alcune leggi adottate dal Parlamento. Ha posto come condizione al futuro della coalizione l'annullamento delle presunte leggi dirette esclusivamente contro di lui. Ha finito poi per accettare una commissione di mediazione, che però ha fallito. Il 16 settembre il Parlamento e poi il Presidente hanno confermato la rottura della coalizione di governo (detta “coalizione democratica”). Durante tutto questo tempo è continuata la campagna di diffamazione contro la signora Timošenko e il suo governo. Il Partito delle Regioni e il Partito Comunista hanno però assicurato a Julija Timošenko il loro appoggio al fine di garantire nuovamente la maggioranza parlamentare. La signora Timošenko ha offerto la presidenza del Parlamento a Janukovič, che ha accettato. A oggi tuttavia niente è ancora deciso. Julija Timošenko si è detta decisa a non tornare indietro. Anche il Parlamento è deciso a continuare la sua attività.

In caso di caduta del Governo la Costituzione ucraina prevede dieci giorni di tempo per formarne uno nuovo. Il tempo è scaduto il 12 settembre. In questo caso si dispone di 30 giorni per formare una nuova coalizione, vale a dire fino al 7 o 8 ottobre. Se non si riesce a formare un nuovo governo bisogna procedere a nuove elezioni, le seconde elezioni anticipate dalle ultime legislative del 2006. Ci sono grandi probabilità di assistere alla formazione di una coalizione senza il blocco di Juščenko. Ma il Presidente e la sua cerchia lavorano febbrilmente per impedire che si realizzi questo scenario, con l'appoggio di Stati Uniti, Unione Europea e NATO. Il vice presidente degli Stati Uniti, Dick Cheney, e il multimiliardario e presidente di molte ONG, George Soros, si sono già recati a Kiev con il pretesto di rimettere insieme la coalizione. Ma cos'hanno concordato realmente con Juščenko? Non si sa.

I media occidentali hanno probabilmente ricevuto l'ordine di tacere, e dunque il grande pubblico non sa molto della situazione in Ucraina. Per esempio non sa che le navi da guerra degli Stati Uniti si trovano già là. Ma le forze da sbarco si sono scontrate con le proteste in massa della popolazione. A Sebastopoli (base della flotta militare russa) i marinai americani hanno dovuto rinunciare a occupare alcune posizioni. Un incrociatore degli Stati Uniti è stato costretto a lasciare il porto. In Parlamento il Ministro della Difesa Echanurov e al Ministro degli Esteri Ogryzko sono stati interrogati in merito, ma hanno fornito risposte evasive.

Va notato che la vera ragione del conflitto costituzionale in Ucraina non è il problema del Caucaso, anche se a Occidente i politici, gli agitatori e la propaganda cercano di far credere il contrario. La signora Timošenko ha sottolineato il rispetto dell'integrità territoriale della Georgia, rifiutandosi al contempo di condannare troppo violentemente la Russia, e a Kiev la maggioranza del Parlamento l'ha seguita su questa linea. Quest'ultimo non ha votato delle risoluzioni particolari a tale proposito dopo che la maggioranza ha respinto una risoluzione, emanata dal settore presidenziale, che condannava severamente la Russia. Si è soltanto istituita una commissione d'inchiesta sul conflitto georgiano. La questione della doppia nazionalità, gonfiata dall'Occidente, non ha provocato la rottura della coalizione.

Questo disaccordo nel governo si concentra essenzialmente sulla Costituzione ucraina e sull'allargamento del processo democratico nel paese, che rendono poco verosimile un ingresso nella NATO.

Falliti i tentativi di formare un nuovo governo il Presidente ha dunque sciolto il Parlamento e indetto nuove elezioni. Ma le intenzioni di voto a favore del suo partito si situano tra il 5 e l'8%, e dunque Juščenko teme delle elezioni democratiche. Il suo partito potrebbe formare una coalizione con il Partito delle Regioni, ma così Janukovič diventerebbe Primo Ministro, e Juščenko considera Janukovič il suo principale nemico. Un'altra possibilità sarebbe riformare la coalizione tra blocco Timošenko e “Nostra Ucraina-Autodifesa del Popolo” cooptando il Blocco Litvin. Ma Juščenko esige l'abolizione delle leggi approvate sotto il governo Timošenko e che limitano il suo potere, mentre la signora Timošenko insiste perché entrino definitivamente in vigore. Il veto presidenziale al Parlamento può essere annullato dalla maggioranza attuale, che eccede i due terzi. Se le elezioni ucraine si svolgessero in modo ragionevolmente democratico, il Presidente Juščenko avrebbe già perso. Il suo partito non può vincere, può anzi riportare una sconfitta su tutta la linea.

Sorge un'altra domanda: che posizione prenderà la Russia? L'Ucraina ha finora beneficiato di condizioni preferenziali per i suoi approvvigionamenti energetici e di materie prime dalla Russia, oltre che di un ottimo raccolto agricolo. Basterebbe che la Russia applicasse i prezzi mondiali al gas e al petrolio venduti all'Ucraina e sarebbe la fine della crescita economica e della prosperità che il paese ha conosciuto sotto il governo Timošenko. Dal settembre 2007 al settembre 2008 il PIL dell'Ucraina è cresciuto del 10,9%, dal gennaio 2008 al settembre 2008 del 7,1% rispetto allo stesso periodo del 2007. E il reddito reale pro capite è aumentato del 13,7% tra il gennaio e il luglio 2008.

Inoltre più del 50% della popolazione ucraina è russofono; nell'Est e nel Sud dell'Ucraina e in Crimea i russofoni costituiscono perfino la maggioranza della popolazione. In questa situazione i movimenti secessionisti nell'Est e nella Crimea potrebbero rafforzarsi e portare, nel peggiore dei casi, a una disgregazione dello Stato ucraino.


Tratto da:
Ucraina, elezioni anticipate il 7 dicembre
su Il Sole 24 ore, Italia, 9 ottobre 2008
Droht ein präsidialer Staatsstreich in der Ukraine? di Hans-Jürgen Falkenhagen e Brigitte Queck
su Zeit-Fragen, Svizzera, 29 settembre 2008
tradotto da Manuela Vittorelli per Eurasia


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