giovedì 2 ottobre 2008

L'Austria ancora azzoppata dal suo passato

L'Austria, si trascina ancora dietro la sua storia. La vecchia xenofobia della nazione ha sollevato di nuovo la testa. Non possiamo esserne sorpresi.

L'Austria è speciale. Il suo ufficio turistico vi dirà questo, così come i titoli di testa nelle rare occasioni in cui la repubblica alpina attira l'attenzione mondiale. Una di quelle rare occasioni è accaduta questo fine settimana: i partiti austriaci di estrema destra hanno raggiunto insieme il 29% dei voti nelle elezioni politiche, spingendosi davanti al Partito Conservatore del Popolo ed appena dietro i socialdemocratici.

L'ultima volta che l’Austria era stata sui giornali è stato in aprile quando Josef Fritzl venne arrestato per aver imprigionato sua figlia in una cantina ed aver generato i suoi sette bambini.

Mentre sarebbe assurdo collegare il caso sconvolgente di Fritzl direttamente alla problematica politica dell’Austria, il fatto che Fritzl abbia incolpato del suo comportamento la sua dura educazione nell'ambito del Terzo Reich indica che il paese rimane ancorato alla sua storia in un senso che non è più vero per la vicina Germania.

In genere i Tedeschi hanno affrontato ed accettato il loro passato nazista. Gli Austriaci non l’hanno fatto, ecco perché, diversamente dai Tedeschi, un terzo di loro è disposto a votare per i partiti xenofobi.

Fino a questa decade, le scuole austriache hanno continuato ad insegnare che il paese era “la prima vittima di Hitler”, piuttosto che il suo primo collaboratore. I filmati del cinegiornale del 1938 che mostrano le folle viennesi deliranti che accolgono favorevolmente Hitler smentiscono quelle dichiarazioni. Così come Hitler, molti dei peggiori criminali di guerra nazisti erano austriaci, compresi due di quelli impiccati a Norimberga, il leader delle SS Ernst Kaltenbrunner ed Arthur Seyss-Inquart, comandante delle SS dei Paesi Bassi occupati; come lo era Otto Skorzeny, ritenuto il capo dell'organizzazione del dopoguerra Odessa di ex membri delle SS.

Ma le ombre della storia dell’Austria risalgono a prima del Terzo Reich. Chiunque faccia un viaggio intorno al Ring di Vienna può notare i palazzi imponenti, i musei opulenti ed il Teatro dell'Opera e rendersi conto che questo era una volta il centro di un impero, un canile multinazionale in cui gli Austriaci erano, per quanto pericolosamente, i capi branco.

L'impero austro-ungarico è collassato 90 anni fa. Nel 1918 l'imperatore è partito, con la sua logora coperta etnica di un impero ridotto in pezzi ed gli Asburgo si sono trasformati in storia.

L'Austria è stata lasciata come una repubblica superata, una piccola nazione senza litorale di cui 8,3 milioni di persone rimpiangono ancora la loro grandiosità imperiale passata. Molti di loro hanno sperato di trovarla con Hitler, ma quando anche lui venne a mancare nel 1945 vennero tutti lasciati con una sorta di nostalgia arrabbiata, sfruttata facilmente dai politici nazionalisti.

Ironicamente, il sistema politico austriaco moderno, contro cui la gente ha votato in modo così spettacolare, nasceva dietro i recinti dei campi di concentramento di Hitler. Fu là che i detenuti socialdemocratici ed i cattolici conservatori si misero insieme ed acconsentirono a dissipare le amare differenze che avevano causato la guerra civile nel 1934 e reso l'Austria una facile preda per Hitler.

Ogni istituzione, ogni impresa gestita dallo stato è stata divisa ordinatamente fra i socialisti “rossi” ed i conservatori “neri”. Nella corporazione delle comunicazioni statali ORF - dove ho lavorato come giornalista radiofonico - ogni reparto aveva un capo “rosso” ed un delegato “nero”, o viceversa. Questo sistema, conosciuto come Proporz (“proporzionalità "), ha spesso consentito a degli scribacchini di partito senza talento di selezionare i lavori migliori, i migliori benefici e perfino i migliori alloggi. Progettato in origine per mettere fine alla lotta di classe ed alle divisioni, ha allevato un amaro rancore fra la maggioranza che è stata esclusa dall’organizzazione confortevole ma corrotta.

Jörg Haider, 58 anni, enfant terrible dell'estrema destra, ha guidato abilmente tale rancore dopo che negli anni '80 ha assunto la direzione del piccolo partito liberale austriaco Freedom Party e lo ha trasformato in un movimento populistico di successo.

Malgrado il suo elogio per le politiche sull'occupazione di Hitler e la sua presenza alle riunioni delle SS di Waffen, è un politico moderno. Ha scambiato le camice marroni e i pantaloni alla zuava con vestiti e bluejeans mentre ha denunciato l'immigrazione che ha “inondato” Austria dopo il crollo del Comunismo. Tale xenofobia ha suonato una corda ed Haider ha vinto il 26 % dei voti verso la fine degli anni 90.

Stanco dell’egotismo di Haider, il suo partito nel 2005 si spaccò ed un pretendente molto più giovane, Heinz-Christian Strache, vestito meglio e col sorriso smagliante, assunse la direzione. Nel frattempo il paese soffriva sotto la grande coalizione fra socialdemocratici e conservatori dove i peggiori difetti della Proporz furono ulteriormente aumentati.

Haider, sempre una prima donna, è balzato fuori per formare la sua propria Lega per il Futuro dell'Austria (BZO), ma come ha indicato l'ultima elezione, i due partiti rivali hanno raccolto ancora più voti del Freedom Party dei giorni di gloria di Haider, minacciando di rendere l'Austria ingovernabile senza la loro partecipazione.

Con i “mugugni” del resto dell'Europa sul ritorno delle cattive abitudini dell’Austria, gli austriaci godranno del loro momento di notorietà. Agli austriaci piace fare “marameo” al mondo esterno. Ma il mondo esterno presto lo dimenticherà ancora - fino a che non emerga il prossimo scheletro da una cantina a lungo dimenticata.


Tratto da:
Austria, still hobbled by its history
di Nigel Jones
su Times, Regno Unito, 30 settembre 2008

tradotto da Mario Squarotti


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