venerdì 24 ottobre 2008

Il Burundi sul filo della lama

Non capita tutti i giorni che, dopo più di due anni di trattative sfociate in un accordo di pace tra governo e ribelli, il mediatore alzi le mani e ammetta pubblicamente il fallimento dei suoi sforzi. Eppure è quanto è successo in Burundi, dove l'ex vice - presidente sudafricano Charles Nqakula, uno dei fautori dell'accordo del 2006 che aveva nominalmente posto fine alla guerra civile, ha alzato bandiera bianca a causa delle troppe divergenze tra il governo e i ribelli delle Palipehutu - FNL, l'ultimo gruppo armato ancora attivo nel Paese.

L'amarezza per il fallimento delle trattative è grande, soprattutto considerando le grandi aspettative che avevano accompagnato la firma degli accordi nel 2006. Negli ultimi due anni, però, l'attuazione concreta del trattato ha incontrato solo ostacoli: colpa delle divergenze tra governo e ribelli, troppo profonde in alcuni casi per sperare di arrivare a un compromesso, come ha spiegato Nqakula. La maggiore riguarda il programma di disarmo, non ancora cominciato dopo 24 mesi, ma la cui risoluzione si lega ad alcuni nodi politici mai sciolti.

Le FNL chiedono, per bocca del loro portavoce Pasteur Habimana, di poter essere registrate come partito politico sotto il nome di "Palipehutu". Il governo però non ha accettato la posizione dei ribelli sulla base di due motivazioni, la prima delle quali è legata a quanto stabilito dall'accordo di pace, il quale prevede che il disarmo avvenga prima della discesa in politica delle FNL. La differenza maggiore riguarda però il nome della nuova formazione, che significa "partito per la liberazione degli Hutu": la Costituzione burundese considera infatti illegali i partiti formati su base etnica.

La questione non è di poco conto, visto che le FNL, assieme agli altri gruppi ribelli che avevano combattuto il governo di Bujumbura fino al 2003, sostiene di combattere proprio per ottenere maggiori diritti per la popolazione Hutu, che costituisce la grande maggioranza della popolazione. Dall'altra parte il governo, retto da Pierre Nkurunziza, anch'egli ex ribelle, accusa le FNL di continuare a combattere solo per tornaconto personale.

Il processo di pace, insomma, sembra aver perso molta della spinta iniziale. Inevitabile, dopo che la messa in pratica degli accordi si è trascinata per così tanto tempo senza progressi sostanziali, e dopo che le FNL avevano sconfessato l'operato dello stesso Nqakula, accusato di essere troppo vicino al governo burundese. La situazione si era talmente deteriorata che, lo scorso aprile, erano tornate a parlare le armi, con i ribelli ad attaccare la capitale Bujumbura a colpi di mortaio e l'esercito a rispondere. Per ora la nuova tregua regge, ma il fatto che il governo si sia detto "molto deluso" dal comportamento delle FNL non lascia presagire nulla di buono.


Tratto da:
Il Burundi sul filo della lama di Matteo Fagotto
su PeaceReporter, Italia, 23 ottobre 2008


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