mercoledì 29 ottobre 2008

La stampa internazionale si occupa della Birmania

L'anniversario del tredicesimo anno di arresti domiciliari per il premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi accende i riflettori sul paese asiatico.
La stampa internazionale si occupa inoltre dell'ultimo rapporto dell'International Crisis Group (ICG) sulla cooperazione internazionale in Birmania.


Sul Washington Post Fred Hiatt commenta: "Il rapporto di ICG si congratula con la giunta militare per avere permesso, seppur con un certo ritardo, l'invio degli aiuti alle vittime del ciclone Nargis. Auspica, inoltre, un'intensificazione delle relazioni tra i paesi occidentali e i leader birmani per coinvolgerli in un processo democratico internazionale e offrire aiuti concreti alla popolazione. Tuttavia, nell'ultimo anno i prigionieri politici sono notevolmente aumentati, l'esercito attacca i civili e il paese è agli ultimi posti del mondo per la libertà di stampa. L'idea che le democrazie occidentali possano accettare di versare milioni di dollari a un regime odioso senza porre condizioni è di un'ingenuità folle".

Dello stesso parere è The Irrawaddy, il giornale della comunità birmana in esilio: "Il rapporto si congratula per la cooperazione dei generali con le organizzazioni internazionali per portare aiuti ai sopravvissuti del ciclone di questa primavera. Circolano voci, inoltre, che diffondono l'ingenua speranza che con le elezioni del 2010 qualcosa possa cambiare in Birmania. La verità è che il popolo birmano è un ostaggio nelle mani dei militari". E riguardo agli aiuti economici sottolinea che "dovrebbe essere accordati su basi di trasparenza e fiducia. Se no, gli aiuti al regime sono un insulto ai birmani che hanno sacrificato la loro vita per liberare il paese dalla dittatura".

Ancora più duro il quotidiano di Bangkok, The Nation, che critica il meccanismo degli aiuti: "Ogni volta che il mondo s'interessa alla Birmania, qualcosa finisce per sviare l'attenzione. Il ciclone è stato un'occasione per tutti, sia per i generali, che hanno insabbiato facilmente la brutale repressione delle manifestazioni dei monaci di qualche tempo prima, sia per le organizzazioni internazionali che non hanno esitato a rivedere al ribasso le loro richieste per essere ammesse nel paese". Le prospettive non sono rosee e l'articolo si conclude con l'augurio "che Aung San Suu Kyi resista: la battaglia potrebbe essere molto lunga".


Tratto da:
Occhi puntati sulla Birmania
su Internazionale, Italia, 28 ottobre 2008
tradotto da Mario Squarotti


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