venerdì 31 ottobre 2008

MSF: «In Kivu è di nuovo guerra»

Medici Senza Frontiere (MSF) denuncia la drammatica situazione della regione orientale del Congo, dove i ribelli avanzano, l’esercito governativo è in rotta e decine di migliaia di civili sono in fuga dai combattimenti.

Dopo l’aiuto medico e la presenza «sul campo», MSF risponde a un’altra missione: informare e testimoniare. Ed è proprio per questo che una conferenza stampa è stata organizzata martedì 28 ottobre a Roma con membri di MSF-Italia e Colette Gadenne, capo missione di MSF nel Nord Kivu, la più travagliata regione della Repubblica Democratica del Congo (Congo RD), negli ultimi dieci mesi: per ricordare ai media e agli operatori umanitari una situazione diconflitto esasperato spesso dimenticata, e soprattutto per denunciare il fallimento della comunità internazionale nella gestione di questa crisi.

E, coincidenza, la missione delle Nazioni Unite nella Repubblica Democratica del Congo (MONUC) ha attraversato proprio in questi ultimi giorni diversi momenti davvero drammatici. Lunedì 27 ottobre, un suo convoglio è stato attaccato da gruppi del Congresso Nazionale per la Difesa del Popolo (CNDP), la formazione ribelle guidata da Laurent Nkunda, e a Goma, capitale della provincia, violente manifestazioni contro i caschi blu hanno fatto un morto.
Lo stesso giorno, il generale comandante della MONUC ha dato le dimissioni per ragioni «personali», secondo la portavoce delle Nazioni unite, e più probabilmente per mancanza di mezzi che possano consentire alla MONUC di portare a buon fine il suo incarico.

Creata nel 1999, la MONUC è la più grande e costosa forza di mantenimento della pace dell’ONU, con 17mila soldati presenti in Congo RD. Anche se le Nazioni Unite proclamano la loro «esperienza incomparabile dell'Africa centrale», la MONUC appare poco adatta alla situazione locale. In una regione dove da agosto altre 200 mila persone hanno dovuto lasciato la propria casa, facendo arrivare il numero di sfollati in Nord Kivu a circa due milioni di persone (un terzo della popolazione totale della regione).

L’incarico della MONUC di proteggere i civili dalle violenza sembra al di là della sua portata. Numerosi villaggi sono stati abbandonati, e i civili in fuga trovano rifugio in aree isolate, difficili da raggiungere pure per i convogli di aiuti umanitari. Come soluzione, MSF ha sviluppato delle cliniche mobili, che provano a raggiungere a giorni fissi i vari campi profughi. Tornare indietro è spesso impensabile per la popolazione: solo recarsi nei campi per avere da mangiare è pericoloso. La maggior parte delle violenze sessuali contro le donne capitano infatti sulle strade o proprio nei campi.

Ancora oggi la MONUC è in grave difficoltà. Dopo aver appoggiato la truppe dell’esercito governativo congolese stamattina con due elicotteri, la situazione sta precipitando sempre di più: l’esercito regolare ha abbandonato Goma davanti all’avanzata dei ribelli e così anche la capitale del nord Kivu non è più un luogo sicuro per gli sfollati. Le ultime notizie che arrivano da Goma parlano di una città in preda al caos. La radio delle Nazioni Unite dice che almeno otto persone sono state uccise nelle ultime ore, in mezzo ai saccheggi causati da gruppi di soldati sbandati. L’ONU ha anche lanciato un allarme per la situazione umanitaria in città, dove si stanno ammassando decine di migliaia di persone in fuga dall’avanzata dei ribelli.

I ribelli del CNDP avevano ieri dichiarato un cessate il fuoco unilaterale, che però non sembra essere entrato in vigore. I combattimenti, anzi, rischiano di espandersi anche al vicino Ruanda: in diversi punti del confine tra Congo e Ruanda, infatti, ci sono state scaramucce tra esercito regolare ruandese, esercito regolare congolese e ribelli. E il comando della MONUC sta pensando
di inviare rinforzi nella regione di Goma, anche se la capacità operativa del contingente internazionale è già oltre il limite. Il segretario dell’ONU Ban Ki-Moon per ora si è limitato a chiedere alle parti in conflitto di cessare il fuoco «per evitare sofferenze ai civili e scongiurare una catastrofe umanitaria».


Tratto da:
Medici senza frontiere: «In Kivu è di nuovo guerra» di Marion Lecoquierre
su Carta, Italia, 30 ottobre 2008


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